V i presentiamo le 8 virtù e principi del Bushidō, codice della casta dei mitici guerrieri Samurai, che ha contribuito come vedremo alla formazione della società nipponica, dal Giappone medievale a oggi.
Dalla rettitudine al dominio di se stessi, parliamo dell’evoluzione del concetto del Bushidō e una brevissima storia dei Samurai. Se vuoi saperne di più leggi della casta guerriera leggi l’articolo: → I 9 Samurai più famosi di sempre
Le 8 virtù del Bushidō
Che cosa significa Bushidō? Che cosa è il “Codice dei Samurai”?
Bushidō (武士道) è un codice di condotta e uno stile di vita, composto da una serie di regole e principi filosofici tradizionalmente adottato dai samurai, la casta guerriera giapponese.
Significa letteralmente “La Via del guerriero”, essendo bushi (武士) la parola giapponese per “guerriero” e dō per “Via”, intesa come il cammino migliore da seguire per perseguire un obiettivo.
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Bushidō è descritto come un codice morale specifico che tutti i membri della classe dei samurai erano obbligati a seguire.
Il samurai che non avesse rispettato questi dettami, doveva riscattare il proprio onore compiendo l’estremo gesto del “seppuku” — 切腹, suicidio rituale per sventramento, che consisteva nell’inginocchiarsi a terra e tagliarsi il ventre con il “tantō” (短刀), la più corta delle tre spade del samurai.
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Storicamente i samurai aderirono a più codici guerrieri e le interpretazioni variavano a seconda del clan e delle epoche storiche.
Non tutti i samurai mettevano in pratica il Bushidō: molti di essi, specialmente fino alla fine dell’Era Sengoku (1467-1603), erano spietati assassini che non si facevano alcuno scrupolo nel tradire alleanze e attaccare i nemici in modo subdolo e poco onorevole.
L’Era Edo (1603-1869) conosciuta anche come la Pax Tokugawa, fu un periodo in cui le guerre e i combattimenti diminuirono drasticamente fino ad annullarsi; la pratica costante al combattimento armato dei samurai divenne da operativa sul campo (intesa a difendersi e uccidere l’avversario), a speculativa, quasi fine a se stessa.
In questo particolare momento storico, i guerrieri si ritrovarono a dover dare un senso a centinaia di anni di esercizi e studio nel combattere: per questo motivo la pratica si intrise di spiritualità e cultura, lasciando spazio all’interiorizzazione dei concetti fondanti l’etica del samurai rispetto alla pura arte del combattimento.
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È in questo momento che il termine Bushidō assunse un significato quasi etico, prese la forma culturale che conosciamo oggi.
Bisogna precisare che la parola Bushidō non era ampiamente utilizzata nel Giappone medievale. Nel medioevo, lo scopo delle attività del bushi veniva descritto usando termini come kyūba no michi – La Via del tiro con l’arco a cavallo
Il Bushidō, fu tramandato in maniera prevalentemente orale fino alla fine del XVI secolo, anno in cui fu menzionato per la prima volta nel testo “Kōyō Gunkan” (甲陽軍鑑) – 1616 – che raccoglie le strategie militari e le tecniche usate dal clan Takeda durante l’Era Sengoku.
Il Bushidō che viene descritto in Kōyō gunkan, era già infuso di Buddismo Zen, shintoismo e confucianesimo, è però molto lontano da ciò che intendiamo oggi, poiché è inseparabile dalle imprese militari sul campo di battaglia.
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Un grave malinteso causato da Hagakure, il Codice segreto dei Samurai.
Gli insegnamenti e le memorie di Yamamoto Tsunetomo, monaco ma ancor prima Samurai, guidano da più di trecento anni chi volesse intraprendere questo lungo e difficile cammino.
L’Hagakure (葉隠), una delle massime espressioni del Bushidō, è una delle letture più amate da chi pratica le arti marziali giapponesi.
L’opera, scritta nel 1716, è nota per la citazione “La via del guerriero è la morte”, dando origine all’errata concezione di Bushidō come codice di morte.
Tuttavia, questa frase non è intesa come una coazione a morire.
Piuttosto, insegna che, attraverso una costante coscienza della morte, è possibile raggiungere uno stato di libertà che trascende la vita e la morte, per cui: […]“è possibile soddisfare perfettamente la propria vocazione di guerriero”.
Il libro: → Hagakure. Il Codice segreto dei Samurai
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Il Libro dei Cinque elementi
Uno dei testi più conosciuti riguardante il Bushidō, è il “Libro dei Cinque Elementi”, scritto dal più grande samurai che la storia del Giappone possa ricordare: Miyamoto Musashi. In questo testo, Musashi parla dell’arte della spada declinata secondo i cinque elementi fondamentali(Terra, Acqua, Aria, Fuoco e Vuoto) ed è considerato molto più simile a un trattato zen che a un testo di arti marziali.
→ Il libro dei cinque elementi
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Bushidō: L’anima del Giappone
Il concetto di Bushidō è comunemente associato alle norme morali di Nitobe Inazō, poiché il suo libro – “Bushidō: L’anima del Giappone” ha reso popolare il termine a livello internazionale.
Il libro di Nitobe Inazō, fu scritto in inglese e pubblicato per la prima volta a New York nel 1899 con l’intento dell’autore di far conoscere l’etica dei samurai e la loro epopea al mondo occidentale, fu tradotto successivamente in giapponese nel 1908 da Sakurai Hikoichiro.
Sebbene alcuni studiosi abbiano criticato il lavoro di Nitobe, come un tentativo di riportare in vita un desiderio romantico di nobili precetti di un’era passata, il suo lavoro si basa sulla profonda conoscenza della cultura giapponese e dello spirito delle virtù della casta guerriera dei samurai.
Il libro: → Bushidō: L’anima del Giappone
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Il titolo del libro, Bushidō, prende spunto dal tentativo di rispondere alla domanda di un amico occidentale che rilevava il punto nodale della differenza culturale tra il Giappone e l’Occidente.
Riflettendo Nitobe si accorse, per la prima volta, riguardo all’educazione morale dei giapponesi, che: «scoprii di avere assorbito le mie nozioni morali come l’aria che respiravo grazie al Bushidō».
Così come il concetto zen wabi-sabi, oggi Bushidō rimane uno dei fondamenti impalpabili nella società giapponese, non solo nelle arti marziali come il Kendo, ma è onnipresente nella cultura nipponica perché passando dalla cultura guerriera alle arti tradizionali, Bushidō permeò in tutta la formazione della società giapponese per centinaia di anni.
Breve storia dei Samurai e del Bushidō
La parola samurai – epitome della virilità raffinata – originariamente significava “colui che serve” e si riferiva a uomini di nobile nascita assegnati alla guardia dei membri della corte imperiale.
La storia dei guerrieri “Bushi” inizia nell’VIII secolo, quando i “sostenitori armati” di ricchi proprietari terrieri iniziarono a essere conosciuti come Samurai.
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Lo status di samurai fu codificato verso la fine del XII secolo, quando il potere in Giappone passò nelle mani dello Shogunato di Kamakura, che stabilì una dittatura militare che terminò sostanzialmente all’inizio del 1600 inaugurando lunga era di pace sotto lo shogunato Tokugawa.
Durante questo periodo di pace e prosperità, noto come pax Tokugawa, durato oltre 200 anni, dopo che Hideyoshi pacificò il Giappone, l’esistenza del bushi venne messa in discussione:
non servendo più solo come guerriero, assunse un nuovo ruolo nella società, e i nobili guerrieri presero posizione come funzionari nell’organizzazione governativa dello shogunato e dei domini.
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La funzione del Bushi divenne quella di controllo dell’ordine pubblico, contribuendo a stabilire leggi e un sistema giudiziario nel paese.
Fu durante questo periodo che il concetto di Bushidō iniziò a evolversi e a cambiare e i suoi principi emersero come codice di condotta, non solo per la classe guerriera ma anche per il popolo, che dai suoi saldi principi vi costruì un’etica del lavoro e del benessere sociale.
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Fu così che Bushidō, da codice di condotta per i guerrieri, passò a indicare una retta costruzione dell’etica di un individuo, basata sull’integrità morale, sull’onestà della persona, arrivando a definire l’intero corpus delle leggi feudali del Giappone.
Benché i giapponesi non ne parlino (come diceva Yukio Mishima, in “Giappone tutto ciò che conta è nascosto), la loro vita è totalmente intrisa di questo concetto, che è alla base fondante del modus vivendi.
Dalla Restaurazione Meiji ai giorni nostri
Quando la casta guerriera fu abolita e il potere dopo secoli di dittatura militare ritornò nelle mani dell’Imperatore, in seguito alla Restaurazione Meiji (1864-1869), il Bushidō divenne parte di un indottrinamento sistematico della popolazione.
I valori di lealtà e onore furono trasmessi a tutti i ceti sociali al fine di far nascere un forte senso di patriottismo e rafforzare l’idea di dover rimanere fedeli all’Imperatore in qualsiasi circostanza, anche quando ciò significava andare incontro alla morte.
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Ebbe un ritorno “marziale” durante la Seconda guerra mondiale (una espressione estrema furono le gesta dei famosi “kamikaze”), ed è presente come un “rumore di fondo” nell’organizzazione sociale ed economica del Giappone moderno.
Le 8 virtù del Bushidō
Le Otto virtù di Bushidō definite da Nitobe Inazō sono modo concatenate l’una all’altra e nessuna è inscindibile dalle altre. Questi di seguito erano i principi che ogni samurai doveva seguire:
1. Rettitudine o giustizia — 義, Gi
Bushidō si riferisce non solo alla rettitudine marziale, ma alla rettitudine personale: Rettitudine o Giustizia, è la virtù più forte del Bushidō, che toglie da ogni indecisione il guerriero. Un famoso samurai definì la rettitudine in questo modo:
«È il potere di decidere una condotta secondo ragione, senza vacillare; morire quando è giusto morire, colpire quando è giusto colpire».
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2. Coraggio, lo spirito dell’audacia — 勇, Yū
Per Bushidō il coraggio è degno di essere annoverato tra le virtù solo se esercitato al servizio della Rettitudine. Nei suoi Dialoghi, Confucio disse che il coraggio è:
«Avere coscienza di ciò che è giusto».
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3. Benevolenza o compassione — 仁, Jin
Il samurai è un essere reso forte dall’addestramento, ed è suo dovere mettere questa forza a disposizione dei più deboli.
Sia Confucio che Mencio dicevano spesso che il requisito più alto di un sovrano è la Benevolenza.
Un uomo investito del potere di comandare e del potere di uccidere doveva dimostrare poteri altrettanto straordinari di benevolenza e misericordia: amore, magnanimità, affetto per gli altri, simpatia e pietà, e compassione, l’attributo più alto dell’animo umana.
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4. Rispetto o cortesia — 礼, Rei
Il samurai non ha motivo di comportarsi con crudeltà e non deve dare prova della propria forza a tutti costi e si dimostra gentile anche con i propri nemici.
La cortesia e le buone maniere sono state notate da ogni turista straniero come tratti distintivi del Giappone. Discernere la differenza tra ossequiosità e cortesia può essere difficile per i visitatori occasionali in Giappone, ma la cortesia è radicata nella benevolenza (仁, Jin).
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5. Onestà o sincerità — 誠, Makoto
Per un samurai, parlare e agire sono la medesima cosa. La sincerità e la veridicità assoluta hanno aiutato i samurai a dimostrare la loro lealtà. Il Bushidō incoraggiava la parsimonia, non tanto per ragioni economiche quanto per l’esercizio dell’astinenza e una severa semplicità
Il vero samurai, secondo Nitobe, disdegnava il denaro, credendo che “gli uomini provano rancore per il denaro, perché la ricchezza ostacola la saggezza”.
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6. Onore — 名誉, Meiyo
Vivere e morire con grande onore era vitale per ogni samurai. Nonostante il Bushidō si rivolgesse ai soli guerrieri, il senso dell’onore, una vivida consapevolezza della dignità personale e del valore, caratterizza tutt’oggi il popolo giapponese.
Mondo di sofferenza:
eppure i ciliegi
sono in fiore.
Kobayashi Issa
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7. Dovere e lealtà — 忠義, Chūgi
La lealtà verso un superiore era la virtù più distintiva dell’era feudale. La lealtà personale esiste tra tutti gli uomini; ma solo nel codice dell’onore cavalleresco la lealtà assume un’importanza fondamentale. Il samurai deve rimanere fedele fino alla morte verso coloro di cui si prende cura.
È pronto a sacrificare la propria vita verso ciò di cui è responsabile, si tratti di azioni compiute o di persone a cui è legato.
Ogni samurai che ha mancato al proprio dovere o ha perso il proprio padrone diventa Ronin, un “guerriero” senza padrone (e assume pertanto una accezione profondamente negativa).
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8. Il dominio di se stessi — 自制, Jisei
Integrità: per mettere in pratica molti degli altri principi elencati, è necessario mantenere l’integrità. Questo significa vivere onestamente e sinceramente. Il primo obiettivo dell’educazione dei samurai era quello di rafforzare il carattere.
Il Bushidō insegna che gli uomini dovrebbero comportarsi secondo una morale assoluta, che trascende la logica. Ciò che è giusto è giusto e ciò che è sbagliato è sbagliato.
L’autocontrollo nel codice Bushidō significa aderire a questo codice in ogni circostanza, quando si è con gli altri e quando si è soli. Non tutte le iterazioni del codice Bushidō includono l’autocontrollo, ma il libro di Nitobe ne sottolinea l’importanza.
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Personaggi rappresentativi e di rilievo: Nitobe Inazō, Yukio Mishima, Kanō Jigorō, Miyamoto Musashi, Yamamoto Tsunetomo, Yamaoka Tesshu
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