Catalogo
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Come una barca sull’acqua
Come una barca sull'acqua Il gusto del Taijiquan. Quello che avete per le mani non è un manuale per imparare il Taijiquan. Oggi se ne possono rintracciare molti, ma è illusorio pensare di appropriarsi di quest’arte leggendo un libro perché, secondo la tradizione, solo la pratica «in presenza» con un vero maestro permette di avvicinarsi al nucleo profondo. Il Taijiquan non è solo un’arte marziale, ma una sintesi di vari aspetti della cultura cinese: vi si possono riconoscere riferimenti al pensiero taoista, che vede nell’acqua il modello ideale, al pensiero confuciano, che predilige la Via di mezzo, alla psicologia buddhista, che analizza i meccanismi della mente, alla medicina tradizionale cinese, che chiarisce il ruolo dell’energia vitale (qi). Anche e più recenti scoperte scientifiche trovano una loro collocazione in questa complessa e meravigliosa disciplina. Senza tali approfondimenti, il Taijiquan non conduce a una vera evoluzione personale. In questo lavoro gli accenni agli aspetti tecnici certo non mancano ma, come viene più volte ribadito, non sono da mettersi in primo piano quanto i princìpi fondamentali comuni a ogni stile, enunciati nei quattro Classici del Taijiquan commentati nell’ultima parte del volume. Nelle pagine che seguono sono raccolti, in sintesi, i frutti di oltre quarant’anni di lavoro del maestro Wang Zhixiang, insegnante, medico, calligrafo e divulgatore di conoscenze tradizionali che anche in Italia tanti allievi hanno imparato ad apprezzareCome una barca sull'acqua. Il gusto del Taijiquan
Wang Zhixiang (1959) vive a Shanghai dove si è laureato in medicina tradizionale cinese, specializzandosi nella pratica terapeutica del Tui na. Si avvicina da giovane alle arti marziali interne diventando allievo del maestro Dong Bin, dal quale apprende lo stile Yang tradizionale e una sua variante particolarmente efficace nel Tui shou. Con il maestro Wang Haoda si addentra in seguito nelle peculiarità dello stile Wu. Nel 1997 ha il privilegio di incontrare il maestro Wang Zhuanghong che, riconoscendo le sue doti, lo inizia allo Shui xing Taijiquan, il Taijiquan dello stile dell’acqua. Wang Zhixiang è oggi considerato, sia in Cina che in Europa, uno dei migliori maestri di Taijiquan e l’erede degli insegnamenti di Wang Zhuanghong. Da molti anni trascorre diverso tempo all’estero, specialmente in Italia, dove tiene seminari di Taijiquan e di medicina tradizionale cinese. Anche la calligrafia ha un posto di rilievo tra i suoi interessi: alcuni esempi della sua arte si possono ammirare in queste pagine. Carlo Born (1956), diplomato in matematica all’Eth di Zurigo, scopre il Taijiquan durante i suoi studi di sinologia e da una trentina d’anni pratica con il maestro Isidoro Li Pira, fondatore dell’accademia Iacma di Lugano; da vent’anni opera inoltre come istruttore. Nel 2003 conosce il maestro Wang Zhixiang del quale segue regolarmente i seminari. Nasce così un’amicizia e un’intensa collaborazione che dura tuttora.https://www.youtube.com/watch?v=KK4_iwwIMw4



Viaggiatori arabi medievali
Che cos’è il viaggio se non scoperta e incontro? Anche quando si adempie a un obbligo religioso come il pellegrinaggio alla Mecca, che comporta spostarsi, percorrere lunghe distanze, vedere luoghi sconosciuti, incontrare genti di fedi diverse, si può voler lasciare una traccia delle proprie esperienze e dunque informare e condividere. Questo è quanto hanno fatto molti viaggiatori arabi medievali che dal IX al XIII secolo, attraverso le loro testimonianze scritte, ci hanno fornito una straordinaria documentazione storica, geografica, artistica e culturale. Itinerari marittimi solcano l’Oceano indiano fino alla Cina, quelli terrestri, attraverso l’Asia centrale, salgono fino alla Russia, percorrono il nord Europa e la congiungono, in un arco, con l’Andalusia. Poi c’è il Mediterraneo: Roma, la Sicilia e Costantinopoli. I nostri autori raccontano popoli e città, usi e costumi, meraviglie, in qualche caso svelandoci qualcosa di un passato che non potremmo conoscere se non avessero fissato su pagine i loro percorsi, incontri e avventure di viaggio. I nomi di questi viaggiatori sono entrati a pieno diritto nelle nostre cronache. Tra di loro ricordiamo: Ibn Fadlàn, che si recò nel Nord Europa, Al-Muqaddasì che frequentò la Palestina e Gerusalemme, Ibn Giubayr che descrisse la Sicilia e Ibn Battùta, forse il più famoso di tutti, del quale qui seguiamo il suo viaggio in Russia. Ma molti altri sono ricordati in questo libro. Al tempo dei nostri viaggiatori, le loro gesta, che venivano cantate e riportate in documenti scritti, hanno permesso a intere generazioni di sognare, conoscere e contribuire alla crescita del nostro mondo.Viaggiatori arabi medievali



L’editore ideale
Scrive Franco Antonicelli nella sua introduzione: «Questi pochi fogli frammentari di Piero Gobetti sono gli unici da cui traspare la sua storia interiore nei termini deliberati di una confessione. Tutto il resto si legge esplicitamente nei suoi scritti, ma il cammino segreto di quella storia è qui». Continua, riportando una frase di Piero Gobetti che può perfettamente essere il manifesto e motore primo della sua attività: «Penso un editore come un creatore: questo è il centro dell’argomento, e la febbre dell’attività qui descritta con entusiasmo riconduce la testimonianza statistico-commerciale all’immagine ben nota dell’organizzatore di cultura». Le pagine qui presentate si leggono d’un fiato, si ingoiano fino a strozzarsi in gola quando ci si imbatte nel breve capitolo che dà il titolo al volume, L’editore ideale. È questa una pagina di straordinaria verità, di estrema umiltà e una incredibile descrizione della quotidianità di Gobetti che potrebbe perfettamente essere presa come esempio per quello che potremmo definire “il sogno di un editore”: essere, appunto, un “creatore”. In questa definizione sta la cifra umana e politica e culturale di un ragazzo pieno di ideali, la cui vocazione era diventata vita: egli riusciva, con un rigorosissimo lavoro e una assidua presenza su ogni aspetto della filiera editoriale, a trasformare un articolo, un libro, un pensiero, in un “pezzo” unico e al tempo stesso universale. Gobetti parlava, scriveva, pubblicava e costruiva una lingua universale che per lui era normalità, per noi suoi posteri e forse epigoni, è meraviglia e stupore di quanto egli sia riuscito, in così pochi attimi di vita, a creare.L'editore ideale
Piero Gobetti nasce a Torino il 19 giugno 1901. A otto anni, alle elementari, crea il giornaletto scolastico Adolescenza. Nel 1918 consegue la licenza liceale con un anno di anticipo. Sono i periodici di Giuseppe Prezzolini, La Voce, e di Gaetano Salvemini, L’Unità, ad attrarre la sua attenzione per le problematiche affrontate e il concreto impegno nella modernizzazione della società. Nel 1918 dà vita al quindicinale Energie nove, con l’intento di rinnovare la cultura e promuovere gli studi. Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo torinese e nel 1923 vedrà pubblicata la sua tesi di laurea. Nel 1922 esce il primo numero di Rivoluzione liberale, organo della sua irriducibile battaglia politica contro il fascismo, rivista che verrà soppressa dalla stretta mussoliniana nel novembre 1925. Nell’aprile del 1923 fonda la Casa editrice che portava il suo nome, contrassegnata dal motto greco «che ho a che fare io con gli schiavi» (ricordiamo che sua è la “scoperta” del giovane poeta Eugenio Montale, di cui stamperà la prima raccolta di poesie, Ossi di seppia). Conclusa l’esperienza di Rivoluzione liberale, pubblica nel 1924 Il Baretti: questo periodico letterario prolungherà la sua esistenza oltre la vita stessa del suo fondatore, fino al novembre 1928. Le oggettive difficoltà di poter lavorare serenamente in Italia gli fanno maturare la decisione di recarsi all’estero per continuare l’attività editoriale. Giunto a Parigi, appena dopo pochi giorni il suo arrivo, vi muore, il 16 febbraio 1926. Di Gobetti ricordiamo le opere: Dal bolscevismo al fascismo (1923), La rivoluzione liberale (1924), Risorgimento senza eroi e Paradosso dello spirito russo (entrambi 1926).



Vita di Napoleone scritta da lui medesimo
La figura di Napoleone Bonaparte è di tale complessità che la sterminata letteratura e ricerca storica fiorita su di lui e la sua epoca non si è ancora esaurita dopo più di duecento anni. Eppure, questo breve libro sotto forma di autobiografia, da solo potrebbe bastare per capire la parabola straordinaria di quest’uomo.Nel 1817 a Londra l’editore Murray pubblica il testo con un titolo intrigante, Manoscritto giunto da Sant’Elena in maniera sconosciuta e senza precisare l’autore… Tutti o quasi credettero che fosse stato scritto da Napoleone, che dal 1815 viveva relegato su quell’isola inaccessibile dell’Atlantico, immaginando che fosse riuscito a far giungere in Europa clandestinamente la storia delle sue imprese. Il successo fu clamoroso e nello stesso anno il libro fu ristampato da Murray ben quattro volte. Fu tradotto in inglese, pubblicato a Bruxelles e a Francoforte, mentre in Francia fu proibito. Come sempre avviene, la proibizione rese l’opera ancora più interessante e presto cominciò a circolare clandestinamente, mentre i lettori continuavano a chiedersi se Napoleone ne fosse veramente l’autore oppure no. Con il suo stile sobrio e vigoroso, ripercorre tutte le tappe della sua ascesa, dalle folgoranti vittorie della giovinezza, alla presa del potere con il Consolato, fino ai trionfi imperiali e alla partenza per l’esilio definitivo dopo i Cento Giorni. Una sintesi magistrale che restituisce al lettore tutta la passione e il genio di un grande della storia dell’umanità.Vita di Napoleone scritta da lui medesimo



Scritti Danteschi
Questi scritti raccolti e presentati a distanza di cento anni dalla loro prima pubblicazione e praticamente inediti, ci mostrano un Pirandello attentissimo studioso dell’opera di Dante: dimostrano come il Maestro siciliano conoscesse alla perfezione le terzine dell’Alighieri. L’ultimo scritto, La commedia dei diavoli e la tragedia di Dante, è il testo, riveduto e ridotto in forma di saggio, di una lettura tenuta da Pirandello in Orsanmichele il 3 febbraio 1916, pubblicato nella Rivista d’Italia (settembre 1918) e mai raccolto in volume. A mero titolo di esempio della profondità con la quale Pirandello affronta le Cantiche dantesche, e della meravigliosa “penna” con la quale riusciva a dare ai suoi pensieri forma esatta, compiuta e magistrale, egli scrive: «Vediamo per effetto del suo passaggio in mezzo all’eterno di questo mondo, a mano a mano destarsi una vita momentanea che la potenza dell’arte fissa in atteggiamenti eterni, e non pensiamo più che questo transitorio nell’eterno, divenuto per potenza d’arte a sua volta eterno, non è certamente per il poeta com’è per noi. Noi vediamo il fatto – così eternamente fissato – dov’egli vedeva e sentiva ancor nuova e calda la sua fattura; cioè, noi vediamo il sentimento del poeta – divenuto quasi realtà fuori di lui – consistere nella rappresentazione ch’egli ne ha fatto; ma questa consistenza con un carattere d’eternità che il sentimento oggettivato del poeta ha per noi, non poteva averla per lui che vedeva ancora invece l’atto del crearla a mano a mano che la materia gli consisteva dentro, quand’era ancora caldo quel sentimento momentaneo per cui, ad esempio, Farinata – proprio ora – in quel gesto gli si levava dall’arca «dalla cintola in su», o Francesca e Paolo gli s’appressavano al grido affettuoso per narrargli i loro dolci sospiri». Di questa consistenza sono dense queste poche pagine, rare e profondamente “nuove” e quasi sconosciute per la maggior parte dei moderni lettori.Scritti Danteschi
Luigi Pirandello (Agrigento 1867 – Roma 1936), Premio Nobel per la letteratura nel 1934, è stato uno dei più importanti scrittori, drammaturghi e poeti italiani. Fu un vero figlio del suo tempo e visse le stagioni della sua vita trasferendole negli scritti; le gravi problematiche famigliari, di cui risentì per tutta la vita, influenzarono profondamente la sua scrittura: il lento distacco dalla fede religiosa fu certamente una delle basi dell’idea di esplorare l’io attraverso l’analisi dell’identità che lo portò da un lato a formulare la teoria della crisi dell’io, dall’altro ad avere grande attenzione alla incomunicabilità tra le persone studiando il contrasto tra Vita e Forma. La sua Opera è da annoverare tra le maggiori del Novecento.



Carlo Porta
Carlo Porta
Carlo Porta (Milano 15 giugno 1775 – 5 gennaio 1821) è considerato il maggior poeta milanese.
Le pagine che Attilio Momigliano dedica alla produzione del poeta analizzano con tratti fulminanti per perspicacia e profondità, al contempo, la poesia e l’uomo che l’ha scritta e coloro a cui era rivolta: ci restituiscono un ritratto “dal vero” del poeta meneghino, che raccolse ed elevò l’anima del bosin, il poeta della strada, in una forma d’arte incomparabilmente superiore alle vecchie tiritere riunendone le tendenze: il buon senso popolare, lo spirito satirico, l’amore della caricatura.
Ma il Porta non poteva rimanere un poeta di contenuto esclusivamente milanese: la sua satira antinobiliare è il capolavoro che chiude una forte tradizione lombarda e italiana, come le sue caricature anticlericali sono l’ultimo e più grande monumento di tutta la letteratura italiana che cominciò prima del Boccaccio a deridere e a riprendere i preti.
Dice Momigliano: «Un artista non è mai così poliedrico che un suo capolavoro non ricordi tutti gli altri. I saggi di versione dell’«Inferno» divengono anch’essi il racconto d’un popolano milanese. Questa parodia è spesso una seconda creazione: l’ottava del Porta spezza il canto dantesco severamente legato nelle terzine inscindibili, in tanti quadretti a cui l’anacronismo, l’amplificazione, la sostituzione dell’osservazione minuta allo sguardo sintetico, la sonora conclusione della rima baciata tolgono ogni significato religioso ed etico».
Nel dialetto milanese il Porta trovò un ottimo strumento per l’espressione di quel suo riso che, anche dove cela un’intenzione raffinata, tende tuttavia a manifestarsi con le forme non riguardose del popolano. In lui il suono ha sempre un valore non soltanto musicale ma anche espressivo: l’onomatopea nel suo verso è talora un giudizio, talora il nodo d’una situazione comica, talora un quadro.
Dice ancora l’autore: «Il nome del Porta risveglia nella nostra mente un mondo di persone vive, e tutte ci ripassano nella fantasia con un loro gesto, con un loro atteggiamento, nell’ambiente che le ha prodotte e che esse riflettono intero in sé; tutte ci rivivono nel sentimento e nella fantasia come l’individuazione eterna di tendenze indistruttibili, dell’amore ingenuo e disperato, della paura ribelle, della miseria avida, della piccineria spirituale, dell’alterezza inconsistente, sprigionando tutte dalla loro intima natura un riso così spontaneo che pare inseparabile da loro ed estraneo al poeta che l’ha provocato».
Attilio Momigliano (1883–1952) è stato uno dei maggiori critici letterari del primo Novecento. Allievo di Arturo Graf, insegnò storia della letteratura italiana in varie università italiane. Nei suoi saggi si può cogliere un duplice interesse sia per l’analisi psicologica e culturale sia per la struttura poetica. Fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti e per le leggi razziali fu espulso dall’università e si salvò dalla persecuzione grazie all’aiuto di amici. Tra i suoi lavori maggiori oltre al presente volume ricordiamo la Storia della letteratura italiana in tre volumi e il Commento alla Divina Commedia.
L.Mascheroni, Il Giornale, 8-1-2021: Il sogno di Gutenberg riparte da Carlo Porta



Per una teologia dell’omosessualità
Per una teologia dell'omosessualità
Questo libro tratta di Gianni Baget Bozzo (1925 – 2009) difensore degli omosessuali e presenta i testi di quella difesa.
Per la prima volta sono qui raccolti e studiati sedici testi sull’omosessualità pubblicati su vari giornali e riviste tra il 1976 e il 2008.
Politico e prete, collaboratore nei decenni del cardinale Siri, del quotidiano La Repubblica, di Bettino Craxi e di Silvio Berlusconi, da ognuna di queste posizioni rivendicò con tenacia, per oltre un trentennio, i diritti di chi vive nella condizione omosessuale. Oltre a difendere i diritti degli omosessuali nella società e nella Chiesa, Baget Bozzo da teologo incoraggiò i cristiani a ripensare la teologia della sessualità e a svolgere in essa il capitolo inedito dell’omosessualità. Con la sua straordinaria attitudine a parlare di Dio nella lingua dell’epoca si domandava e chiedeva quale sia l’intenzione divina riguardo all’esistenza degli omosessuali.
Invitava la Chiesa ad affrontare la problematica che segue al riconoscimento – già affermato dal magistero – dell’esistenza di omosessuali che lo sono per nascita e non per scelta. Provocava ad abbandonare l’atteggiamento di condanna e a trattare con misericordia le persone che vivono in questa condizione, tenendo fermo il criterio che in Cristo non vi è né uomo né donna.
Rivendicava il diritto civile a vivere in coppia e a vedere riconosciuta la propria identità come il diritto a porsi nella Chiesa come credenti a pieno titolo. Nello svolgere questa difesa invitò a guardare gli omosessuali con misericordia evitando giudizi di condanna. Lo fece con un linguaggio che anticipava di un quarantennio la predicazione di Papa Francesco.
Luigi Accattoli, curatore del volume, è nato a Recanati e vive a Roma. Vaticanista a La Repubblica dal 1975 e al Corriere della Sera dal 1981, coordina il blog www.luigiaccattoli.it e collabora da 47 anni alla rivista Il Regno. È autore dei volumi Giovanni Paolo. La prima biografia completa (San Paolo 2006, tradotto in nove lingue); Quando il Papa chiede perdono. Tutti i mea culpa di Giovanni Paolo II (Oscar Mondadori 1999, tradotto in otto lingue); Il vescovo di Roma. Gli esordi di Papa Francesco (EDB 2014); Maria Ines, hai visto che non ho messo le scarpe rosse? Detti memorabili di Papa Francesco (Clichy 2016). Ultima pubblicazione in collaborazione con Ciro Fusco, C’era un vecchio gesuita furbaccione. 110 parabole di Papa Francesco (Paoline 2019).
Corrado Ocone, Il Giornale, 11-11-2020: L'omosessualità secondo Baget Bozzo
G. Di Leo, Radio Radicale, 8-2-2021: Intervista al curatore dell'opera
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La peste di Milano
La peste di Milano
Nel De Pestilentia di Federico Borromeo vi è il ritratto di una città che sta morendo e dell’anima di un uomo. La città è Milano, tormentata dalla peste del 1630, percorsa dai carri colmi di cadaveri, dai monatti e dagli untori. L’uomo è lui, il cardinale, cugino di San Carlo: uomo deciso, imprevedibile, con i tratti del principe rinascimentale, che affida alle pagine di un suo trattatello la descrizione terrificante di un incontro con il vasto spettacolo allestito dalla morte.
Ma il De Pestilentia è anche altro. Scritte di getto durante i giorni del contagio, queste pagine sono una sorta di commiato tra Federico e la sua Milano. Un addio straziante, attuato con una descrizione minuziosa degli avvenimenti e della follia che ben presto si impadronì degli animi. Il lettore ritroverà qui personaggi molto noti: ecco la madre di Cecilia nella sua versione originale, ecco il Chiodo chirurgo con le sue trovate medico-stregoniche, ecco il folle che cavalca nudo nel lazzaretto tra i moribondi, ecco gli animali che portano soccorso agli abbandonati.
Vi è in quest’opera un raro compendio: in poche pagine si avverte quel che poteva essere una pestilenza. Milano è lo spunto, ma la descrizione riguarda i terribili effetti del morbo in ogni tempo. Da Tucidide a Boccaccio, da Omero a Federico, codesto teatro di morte invita lo scrittore alle supreme riflessioni.
Il cardinale, fonte segreta del Manzoni, riprende con quest’edizione – la prima che si avvale di una ricostruzione critica e di un’appendice di documenti poco noti e inediti – il posto che gli spetta tra coloro che nella furia del contagio hanno stabilito un inquietante colloquio con i sentimenti più segreti dell’uomo.
Federico Borromeo (18 agosto 1564 – 21 settembre 1631) è uno tra i più noti cardinali del Seicento. Nonostante la sua fama di uomo dotto – fu il fondatore della biblioteca Ambrosiana e di innumerevoli accademie – quasi nulla conosciamo di lui come scrittore. Soltanto poche opere sono state riprese nel nostro tempo, tra le quali, oltre questo De Pestilentia, vale la pena ricordare il suo Museum, raffinato itinerario artistico tra i gioielli della sua pinacoteca. Buona parte dei suoi scritti giace però ancora inedita o ha visto la luce nelle edizioni seicentesche.
Armando Torno è un giornalista e saggista. È stato responsabile (e fondatore) del supplemento culturale “Domenica” de “Il Sole 24 Ore”, responsabile delle pagine culturali de “Il Corriere della Sera” ed editorialista di questa testata.
Dalla fondazione di “Radio 24” collabora e conduce “Musica maestro”, trasmissione che nel 2014 ha vinto il Premio Flaiano. È autore di numerosi saggi e opere letterarie pubblicate con i maggiori editori italiani e numerosi suoi scritti sono stati tradotti in diverse lingue.
Piergiorgio Lucioni, Corriere della Sera, 25-10-2020: Paure, speranze, analogie. Un cardinale e la peste nella Milano del seicento
Autore: Federico Borromeo
A cura di Armando Torno
Collana: Grandi Pensatori d’Oriente e Occidente - n. 82 Pagine: 192 Formato: 14 x 21 cm ISBN: 9788879847155



Desideravo diventare un’oca
Desideravo diventare un'oca. Autobiografia e conferenza per il Nobel
Konrad Lorenz è considerato il fondatore dell’etologia, la scienza del comportamento comparato, studio cui si dedicò instancabilmente per tutta la vita. In questi due brevi testi scritti in occasione del ricevimento del Premio Nobel per la medicina nel 1973, Lorenz ripercorre la sua storia personale e quella delle sue osservazioni iniziate fin da bambino e che lo portarono, intorno ai vent’anni, giovanissimo appassionato di biologia, a porre le basi di quella che sarebbe in seguito diventata l’analisi comportamentale comparata degli animali e dell’uomo.
Lo studio del comportamento animale ebbe sempre per Lorenz significativi punti di contatto con la filosofia, la psicologia e la sociologia, portandolo a chiarire non soltanto molti aspetti di quello umano ma progressivamente a definire una nuova interpretazione del rapporto tra l’uomo e la natura, una visione organica che lo rese uno dei pionieri della moderna ecologia.
L’aspirazione a diffondere un’idea più armonica e rispettosa della convivenza tra gli esseri umani e il mondo naturale sono alla base della sua opera scientifica che è divenuta un vero e proprio messaggio di moderno umanesimo. Questi scritti autobiografici sono un’occasione per scoprire, o riscoprire, lo scienziato che ha cambiato per sempre il nostro sguardo sul mondo animale.
Konrad Lorenz nacque il 7 novembre 1903 a Vienna. Laureatosi in medicina nel 1928 con l’intenzione di seguire le orme del padre, celebre chirurgo ortopedico, proseguì gli studi specializzandosi in zoologia e psicologia, portando avanti nel frattempo le sue osservazioni sul comportamento animale insieme a Nikolaas Tinbergen.
Arruolato nell’esercito tedesco nel 1941, fu fatto prigioniero dai sovietici sul fronte orientale nel 1942 e trasferito in un campo di prigionia in Armenia lavorò come medico per l’esercito russo fino al 1948, anno della sua liberazione.
Rientrato in patria, nel 1950 la Società Max Planck fondò per lui l’Istituto Lorenz di Etologia a Buldern, in Westfalia; nel 1955 fu creato l’Istituto Max Planck di Fisiologia del comportamento a Seewiesen in Baviera, di cui fu nominato direttore nel 1961.
Nel 1973 ricevette il Premio Nobel per la medicina insieme a Nikolaas Tinbergen e Karl von Frisch. Morì nel 1989 ad Altenberg, in Austria.



Lutero e la riforma in Germania
Lutero e la riforma in Germania
Questa magistrale biografia del grande riformatore fu pubblicata in prima edizione a Roma nel 1926, quando nei confronti di Ernesto Buonaiuti e del movimento modernista, di cui egli era stato in Italia il principale esponente, era già stata espressa la dura condanna («sintesi di tutte le eresie») della Chiesa cattolica con l’enciclica Pascendi (1907) di Pio X. Alla condanna il Buonaiuti stesso aveva risposto con il Programma dei modernisti (1908), riaffermando la sua convinzione che fosse indispensabile pervenire a un autentico rinnovamento religioso nell’ambito della Chiesa stessa, di cui peraltro si riconfermava figlio fedele.
L’opera era nata come un libro fortemente antiprotestante, e si credette che Buonaiuti sperasse di farlo valere come un salvacondotto che gli consentisse di rientrare nella Chiesa. Qualcuno giudicò il saggio “personale”, altri ne colsero gli aspetti “appassionati” o “stimolanti”.
Qui si presenta l’ultima edizione con le due prefazioni scritte dal medesimo Buonaiuti e leggendola si comprende quale profondo interesse rivestisse allora e rivesta oggi questa biografia di Lutero, oltre a essere anche un documento utilissimo per conoscere il percorso intellettuale del suo autore. Nel volume la vita di Lutero è seguita passo per passo nei sessantatré anni che si svolgono dalla «dura fanciullezza», iniziata nel 1483, fino alla morte, avvenuta nel 1546.
Tra le molte riflessioni qui presentate segnaliamo che Buonaiuti, con un vero e proprio lampo di genialità, “aggancia”, primo fra tutti, la Riforma al nazismo: nella sistemazione dell’opera che reca la data 1 novembre 1944 egli vede nel regime tedesco, in quel momento ancora attivo, l’ultima e più drammatica conseguenza compiuta dalle scelte di Lutero.Ernesto Buonaiuti (1881-1946) è stato il maggiore studioso italiano di Cristianesimo della prima metà del Novecento. Fu uno dei capi del modernismo italiano che, specialmente dopo la Prima Guerra mondiale apparve quasi impersonato in lui. Ordinato sacerdote dal 1903, fu colpito dalla scomunica nel 1926 ed esonerato dall’insegnamento come professore di storia del cristianesimo, cattedra che teneva dal 1915 all’università di Roma. Convinto antifascista fu destituito e riammesso in ruolo solo nel 1944 ma senza l’esercizio effettivo dell’insegnamento. La sua drammatica vita subì un colpo fatale dopo la Liberazione non venendo reintegrato nell’insegnamento e morì a Roma nel 1946. Di Buonaiuti Luni ha già pubblicato i tre volumi della Storia del Cristianesimo.
Autore. Ernesto Buonaiuti
Introduzione di Armando Torno
Collana: Grandi Pensatori d’Oriente e Occidente - n. 79 Pagine: 432 Formato: 14 x 21 cm ISBN: 9788879847117



La costituzione secondo d’Annunzio
La costituzione secondo d'Annunzio
La Carta del Carnaro è un singolare atto costituzionale trascurato dagli studi giuridici. Non può essere vista come un episodio interessante unicamente la realtà locale della Fiume del primo dopoguerra ma va inserita nei profondi rivolgimenti che in quel periodo hanno segnato la Mitteleuropa, dal Baltico ai Balcani.
Il libro lascia sullo sfondo il dibattito storico sul fiumanesimo e sulle complesse vicende che hanno segnato i rapporti fra Italia e Jugoslavia e si concentra sulla originale impostazione delle scelte condivise fra De Ambris e D’Annunzio mettendo in risalto la originalità della concezione dei diritti che si rivelava anticipatrice di decisioni costituenti che interverranno soltanto al termine del successivo secondo conflitto. In Appendice al volume sono riportate integralmente la “Carta” di De Ambris e la “Carta del Carnaro” di D’Annunzio.Giuseppe de Vergottini è professore emerito di diritto costituzionale dell’Università di Bologna. Honorary President della International Association of Constitutional Law (I.A.C.L.). Autore di manuali di diritto costituzionale e diritto costituzionale comparato e di numerosi scritti in tema di difesa, missioni militari all’estero, diritti fondamentali e terrorismo, diritto dell’economia, rapporti fra giurisdizioni. È Direttore della Rivista “Percorsi costituzionali”, presidente della associazione Coordinamento Adriatico che cura i rapporti culturali con le comunità italiane dei territori adriatici ceduti dopo il secondo conflitto mondiale.
Massimo Greco, Il Piccolo 26-9-2020: Ma la carta del Carnaro era un contenitore libertario
Michele Ainis, il venerdì di Repubblica, 6-11-2020: LA COSTITUZIONE DEL VATE, UN INNO ALLA GIOIA
Paolo Armaroli, Il Dubbio, 8-10-2020: Ecco la Carta del Carnaro, intuizione dannunziana



Le arti marziali tradizionali cinesi in epoca moderna
Le arti marziali tradizionali cinesi in epoca moderna. Ignoranza e decadimento
«Questo tipo di ignoranza culturale-marziale, ormai tramandata e consolidata da oltre un secolo, è la causa dell’inefficacia di tali tecniche, e quindi il decadimento di quelli che oggi sono definiti erroneamente stili tradizionali, i quali, assurti ormai a verità assiomatiche, rendono estremamente difficile invertire questa tendenza alla mediocrità».
Così questo libro annuncia l’oggetto delle sue pagine: la diffusione dell’ignoranza e della mediocrità all’interno delle scuole di arti marziali tradizionali cinesi e non solo. La trattazione che ne segue è una sorta di genealogia di questa involuzione che, nella prosa spesso scanzonata di De Angelis, tocca campi differenti, dalla politica, all’educazione, dalla filosofia e religione, alla stessa vita sociale, offrendo paragoni e differenti riflessi da Oriente a Occidente, dal passato al presente e viceversa.
Tuttavia, per l’autore, questa involuzione è iniziata diversi secoli fa, quando l’arte marziale ha avviato un processo di alienazione dalle tecniche militari, quando l’abilità ha ceduto il posto all’esteriorità, la pratica reale all’idealizzazione del movimento, la competenza alla mediocrità. De Angelis, ripercorrendo delle tappe importanti della cultura cinese, analizza e spiega nel dettaglio i concetti e le teorie marziali più rilevanti, dandone la giusta connotazione in un mare di credenze impeccabilmente false.
Giacomo De Angelis è un sinologo, docente e maestro di arti marziali. Dopo gli studi sinologici in Italia si trasferisce in Cina dove si laurea in cinese classico presso la Zhejiang University. Cultore della materia, trascorre la maggior parte della sua gioventù in Cina dividendosi tra lavoro, studio e allenamenti quotidiani. Ha scritto saggi e articoli sulla cultura e la lingua cinese classica collaborando con diversi atenei. Dal 2011 risiede con la propria famiglia nella campagna della Val di Chiana nei pressi di Cortona dedicandosi alle proprie ricerche e all’insegnamento dell’arte marziale cinese, istruendo nel più puro spirito tradizionale come gli è stato trasmesso dai suoi maestri.
Autore: Giacomo De Angelis
Collana: Le Vie dell’Armonia - n. 88 Pagine: 192 Formato: 17 x 24 cm ISBN: 9788879847063



Curzio Malaparte
Curzio Malaparte. Biografia politica
Curzio Malaparte è stato un protagonista di statura europea della cultura del Novecento e delle vicende che hanno segnato il secolo: soldato, poeta, scrittore, giornalista, autore teatrale e cinematografico ha avuto una vita, pubblica e privata, così intensa e vissuta all’insegna di una continua contraddizione, in realtà solo apparente, da rasentare la leggenda. Amato dal pubblico – alcune sue opere come Kaputt e La pelle sono fra le più vendute e tradotte della letteratura italiana contemporanea – è stato oggetto di accese controversie e profonde incomprensioni, dovute alla scarsa conoscenza, malgrado la ricchissima aneddotica esistente, della sua personalità: “Si ignora tutto di me e si scrivono di me le cose più inverosimili. Mi domando qualche volta se il mio successo non dipenda dall’idea sbagliata che il pubblico si fa di me”.
Questo volume di Giuseppe Pardini è il frutto di una approfondita conoscenza dell’opera letteraria e giornalistica dello scrittore toscano e di una ricchissima documentazione archivistica pubblica e privata in gran parte inedita. Esso si propone di strappare il velo della leggenda per riportare sul terreno della realtà la figura di un Malaparte protagonista o testimone di avvenimenti cruciali della storia più recente.
Attenta soprattutto alla dimensione politico-ideo-logica, questa biografia consente sia di seguire l’evoluzione del pensiero dello scrittore toscano sia di collocarlo correttamente nel Novecento culturale italiano ed europeo, sia ancora di comprendere le idee della componente rivoluzionaria del fascismo.
Giuseppe Pardini, professore associato di Storia contemporanea all’Università degli Studi del Molise (Campobasso), insegna anche Storia dei movimenti e dei partiti politici e Storia del giornalismo; socio dell’Accademia Pugliese delle Scienze (Bari) e dell’Accademia Lucchese di Scienze Lettere e Arti (Lucca), ha pubblicato, tra gli altri, i libri Roberto Farinacci ovvero della rivoluzione fascista (Le Lettere, 2007), Fascisti in democrazia. Uomini, idee, giornali, 1946-1958 (Le Lettere, 2009), Nazione, ordine e altri disegni. Vicende politiche nella destra italiana, 1948-1963 (Le Lettere, 2011), Quel che pensava e diceva la gente. Della guerra dell’Italia e della Marina militare nella censura postale, 1940-1945 (dell’Orso, 2015), Mussolini e il grande impero. L’espansionismo italiano nel miraggio della pace vittoriosa, 1940-1942 (dell’Orso, 2016). Per Luni Editrice, Prove tecniche di rivoluzione. L’attentato a Togliatti, luglio 1948 (2018), con il quale ha vinto il Premio Acqui Storia 2019 per la Sezione scientifica; Obbedienze disobbedienti. Per una storia delle massonerie nell’Italia del dopoguerra, 1943-1950 (2019) e Curzio Malaparte. Biografia politica (2020).



L’ avventura di Simone
L' avventura di Simone
Questo libro racconta una storia vera, quella di Simone, un ragazzo down che un giorno incontra il judo, se ne innamora, lo pratica con forza, assiduamente, fino a diventare cintura nera e insegnante riconosciuto dal CONI, il primo nella storia italiana del judo.
In pratica parla di un supereroe: Simone.
Ma come tutti i supereroi, è una persona molto modesta, gentile, affabile e portata ad aiutare gli altri.
Queste sue doti unite a una tenacia senza pari lo hanno portato a realizzare il suo sogno, quello di diventare una cintura nera di judo e senza saperlo è diventato una ispirazione per tantissime altre persone.
Simone è diventato colui che indica la via, uno che ce l’ha fatta: in questo momento Simone è il più valido esempio di come il judo possa aiutare chi ha delle disabilità e un ausilio per tutte le famiglie che supportano questi ragazzi a credere che i sogni si possono realizzare.
Non tutto è rose e fiori: la famiglia prima di tutto deve essere presente sempre, costantemente, come lo è stata quella di Simone; poi c’è la forza d’animo di chi pratica, che vuole a tutti i costi raggiungere l’obiettivo prefissato, non per meri scopi sportivi o agonistici, ma per la sua reale crescita umana. Questo è il valore aggiunto che fornisce il judo, ed è impagabile.
L’avventura di Simone è un libro che deve essere di esempio, una specie di “ce la posso fare nella vita” lanciato a tutti, perché Simone è pur stato guidato e aiutato dai suoi maestri di judo, ma la strada l’ha dovuta percorrere tutta da solo, con le sue paure e le sue forze.
Il cammino di Simone non deve essere considerato “unico” o straordinario: è il percorso di una persona che ha messo il cuore e tutto se stesso in ciò che faceva; questo è l’esempio massimo che Simone ha potuto dare e che questo libro può contribuire a diffondere.
Fabio La Malfa, classe 1972, inizia a praticare Judo all’età di 10 anni sotto la guida del Maestro Silvio Forin, e successivamente si trasferisce nella palestra del Maestro Renato Funari. Nel 2000 crea, con due suoi grandi amici Alessandro Possagno e Italo Zeppieri la scuola Judo Tomita: il sogno che aveva da bambino diventato realtà. Dal 2012 il suo riferimento Judoistico diventa il Maestro Aldo Piatti. Per Luni Editrice ha pubblicato Judo. Superare i propri limiti (2018). Andrea Di Noi, fumettista e illustratore diplomato alla Scuola Internazionale di Comics ha all’attivo diverse collaborazioni con molti autori. L’amore per il servizio verso il prossimo lo ha fatto appassionare da subito alla storia di Simone.
RAINEWS24, 3-12-2020: Intervista a Simone
Intervista a Fabio La Malfa, "Rotocalco 264" del 29.11.20 - Cusano Italia TV
PRIMAPRESS 14-10-2020: Presentazione della graphic novel "L'avventura di Simone"
IL TEMPO, 15-10-2020:"L'avventura di Simone" un fumetto tra scienza e solidarietà



I 1189 Pulcini di Alda Merini
I 1189 Pulcini di Alda Merini Catalogo Generale delle Opere di Alda Merini pubblicate dalla Casa Editrice Pulcinoelefante 1992 – 2009
Mancava una bibliografia della sterminata produzione editoriale Merini-Casiraghy. Finalmente è disponibile il catalogo completo delle 1189 pubblicazioni prodotte tra il 1992 e il il 2009 dal sodalizio intellettuale e umano di Alda e Alberto, arricchito da un corposo apparato iconografico.
Il merito va a Giorgio Matticchio, profondo conoscitore delle edizioni Pulcinoelefante e autore anche della schedatura – in attesa di vedere la luce – dell’intero archivio Pulcinoelefante, e a Simone Bandirali, poliedrica figura di medico, poeta e bibliofilo, che ha preceduto questo volume con un’edizione fuori commercio. .
L’enorme risonanza mediatica delle celebrazioni del decennale della scomparsa di Alda Merini dimostra una volta di più il peso crescente assunto dalla poetessa nella storia letteraria italiana ed europea e nell’affetto di un vasto pubblico.
Prima la mostra Alda Merini e Alberto Casiraghy. Storia di un’amicizia svolta alla Casa Museo Boschi Di Stefano a Milano e ora il catalogo definitivo aggiungono un tassello poco indagato ma fondamentale per una migliore comprensione della sua opera. .
Il rapporto tra Alda Merini e Alberto Casiraghy non è a senso unico, ma vede il tipografo-artista-editore parte attiva nel raccogliere, stimolare, selezionare e “costringere” versi e aforismi nello spazio obbligato di una pagina, potenziando così l’intensità degli uni e l’effetto fulminante degli altri.
Poesie e aforismi, come i molti librini d’occasione o in memoria dedicati alla cerchia degli amici più cari (Vanni Scheiwiller, Roberto Cerati, Maria Corti, Arturo Schwarz, Giovanni Raboni, Paolo Volponi, Dario Fo, Enrico Baj, Bruno Munari ma anche Carla Fracci, Vincenzo Mollica, Giorgio Gaber, Roberto Vecchioni, Fabrizio De André) sono resi ancora più stimolanti dai contrappunti grafici di Casiraghy, tra surrealismo e magiche astrazioni, oltre alle decine di altri artisti coinvolti. .
Si resta ammirati e stupiti a sfogliare il catalogo dei 1189 “pulcini” (e sono la punta dell’iceberg di un’avventura editoriale senza paragoni, che ha prodotto dal 1982 a tutto il 2019 più di 10.500 opere composte e stampate a mano in poche copie): mai uno scrittore ha avuto un numero lontanamente paragonabile di pubblicazioni. L’insieme può essere a ragione considerato il più importante e raro corpus letterario, di arte del libro e collezionistico del Novecento italiano e dei primi anni Duemila.
Paolo Fallai, Corriere della sera 11-08-2020: MILANO METTE IN SALVO IL TESORO DI PULCINOELEFANTE
Autore: Giorgio Matticchio
Prefazione: Ambrogio Borsani Nota e testimonianza: Simone Bandirali
Collana: Fuori collana Pagine: 144 di cui 80 testo + 64 a colori
Formato: 14,5 x 22 cm ISBN: 9788879846745
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