La Luni, la stessa casa editrice che pubblica questa rivista Arti d’Oriente, è riuscita a ottenere per l’Italia i diritti d’autore del libro in cui Chuck Norris, il famoso attore e marzialista statunitense, racconta in chiave autobiografica la sua filosofia di vita, chiaramente ispirata ai principi dello Zen, mediati dalle discipline marziali da lui praticate fin dalla gioventù.
Filosofia che espone peccando talvolta di ingenuità e di approssimazione tipicamente americane, ma guadagnandosi il merito di averla resa più accessibile al vasto pubblico.
*
O forse no, visto che Taiten Fausto Guareschi, serissimo e preparato studioso del Buddismo Zen, ha apprezzato il lavoro di Norris e ne ha scritto un commento che pubblicheremo in seguito.
Presentiamo al pubblico come anticipazione un estratto del libro: un intero capitolo ai lettori
Articolo tratto da: Arti d’Oriente maggio 1998
*
Vincere perdendo
Quel che avviene sul tatami durante un torneo di arti marziali può sembrare violenza allo stato puro – mosse repentine e imprevedibili, salti e calci, bloccaggi abili e pugni.
La verità è che ogni mossa dei due contendenti è controllata e osservata attentamente da diversi giurati, talvolta fino a cinque. I partecipanti hanno trascorso lunghe ore a prepararsi per quei brevi momenti sul ring, e le mosse fulminee che eseguono non sono casuali ma si basano su lezioni imparate con fatica e su una pratica estenuante.
*
Vi sono sempre delle sorprese, perché ciascuno cerca sempre di usare una mossa per sbilanciare l’avversario, ma quello che succede segue determinate regole. vincitore vince e lo sconfitto perde a causa di decisioni e di misurazioni ben precise.
La verità è che i contendenti sul tatamI non sono nemici ma amici – non solo perché tutti si conoscono e lontano dal tatami sono davvero buoni amici, ma anche perché lavorano Insieme per ottenere qualcosa. L’incontro in sé e per se è una sorta di sforzo collettivo per raggiungere uno scopo e, se attuato nel modo giusto, il vincitore avrà qualcosa di più che il suo nome su una coppa, e lo sconfitto se ne andrà con una lezione importante per il domani: non perderà mai più in quel modo.
*
Queste lezioni – quelle che derivano dalla sconfitta – non hanno prezzo. Non ce niente che possa indicare l’esistenza di un vuoto nella difesa così chiaramente come un avversario che la supera; niente riesce a evidenziare un problema di tempismo come sferrare un calcio e incontrare l’aria.
Quando gareggiavo attivamente, una delle regole principali che mi ero dato era che non avrei mai perso due volte nello stesso modo. «lmpara dai tuoi errori»» è una vecchia regola, ma è incredibile come tanti non riescano a seguirla. Significa riconoscere che la sconfitta è derivata da qualcosa che hai sbagliato.
Non è stato perché i giurati o il giudice erano ciechi, o il tatami era sdrucciolevole, o perché improvvisamente erano cambiate le regole. Scuse del genere servono solo a mettere una benda artificiale sulla dignità ferita; se non si riesce a capire la lezione implicita in quello che è andato storto ci si condanna solo a ripetere lo stesso sbaglio.
*
E così ci si allena più intensamente, si parla con gli altri e si impara quello che hanno da insegnare, e si fa pratica – non ci sono giustificazioni per non fare i compiti, per non essere preparato.
Naturalmente si può perdere anche quando si è nella forma fisica migliore. E qui si ripresenta l’aspetto più importante di tutto questo, un aspetto che è allo stesso tempo semplice ed evidente – ed è così che alcuni definirebbero lo Zen. Oltre a un certo punto, quando si è padroni dell’arte e ci si è portati sulla vetta della perfezione, è probabile che ogni sconfitta sia un risultato dello stesso problema: la mente.
Nel 1967, durante un torneo, mentre ero in attesa del match mi ritrovai accanto a un giovane allievo che aveva appena ottenuto la cintura nera. A quell’epoca ero considerato numero uno nazionale fatto di cui lui era consapevole.
*
Il povero ragazzo era così nervoso all’idea di combattere contro di me che dovette correre In bagno prima che l’incontro iniziasse Mi dispiacque per lui, vedendolo soffrire cosi. Gli misi un braccio intorno alle spalle e gli dissi di non preoccuparsi. Naturalmente vinse lui. Il fatto di essere il numero uno non significava niente se la mia mente era fuori controllo. Dispiacermi per lui fu un eccesso di sicurezza: mi rilassai e lui fu abbastanza bravo da intravedere la sua occasione e sfruttarla.
La rabbia è l’esempio migliore. Ho visto tanti incontri vinti o persi quando uno dei due si arrabbiava, che è il modo più sicuro per perdere il controllo e annebbiare la mente.
*
Una volta. durante gli Internazionali, l’ho fatto con Skipper Mullins. Era l’ultimo round dell’incontro, e lui era in vantaggio, così continuava a evitarmi, uscendo dal ring, per far scadere il tempo. Gli dissi: «Perché non resti dentro il ring e non combatti da uomo?›
Funzionò; si arrabbiò, si avvicinò e lo sconfissi. Per anni l’ho preso in giro perché, perdendo il sangue freddo, aveva perso il match. La rabbia, il desiderio di infliggere una sconfitta all’avversario per qualche torto reale o immaginario non trovano posto in un incontro di arti marziali. Agli osservatori esterni può sembrare un paradosso, ma il “combattimento” delle arti marziali di solito idealmente – non comporta nessuna rabbia.
Sul tatami non c’è posto per la rabbia, l’orgoglio, l’eccesso di sicurezza – nulla che possa offuscare la visione o annebbiare la mente. La mancanza di controllo emotivo può anche trasformare una giornata qualsiasi in una giornata da dimenticare: il controllo che si impara sul ring può servire benissimo anche fuori. Non si può vincere una competizione se si perde il controllo mentale, e si può dire più o meno la stessa cosa per quanto riguarda la vita. Se controlla se stessi e il proprio comportamento gli altri ci tratte ranno con rispetto, eliminando qualsiasi motivo di conflitto
Non molto tempo fa, in Texas, dopo una giornata faticosa di riprese televisive entrai da solo in un bar per bermi una birra fresca. Ero ancora vestito come richiedeva il mio personaggio arruffato e sporco dopo aver girato una scena di combattimento nella polvere.
*
Mi sedetti in un angolo, godendomi la musica country e la mia birra. Un uomo alto abbastanza da proiettare l’ombra sul tavolo mi sovrastò dicendo che mi ero seduto al suo posto.
Mi sconsigliò con un certo tono minaccioso di spostarmi per far sedere lui e i suoi amici. Non mi piacque il suo tono e nemmeno la minaccia implicita nel suo consiglio, ma non dissi niente e mi spostai da un’altra parte. Poco dopo entrarono alcuni stuntmen della trasmissione e si sedettero con me Notai che il tizio grande e grosso mi guardava e poi lo vidi alzarsi e venire al nostro tavolo. Ci siamo, pensai, il bullo del posto che vuole farsi un nome facendo a pugni con Chuck Norris.
*
Quando arrivò al nostro tavolo, ignorò gli altri e mi guardò. «Sei Chuck Norris» disse. Annuii. «Ehi, amico» continuò, «poco fa avresti potuto farmi un sedere cosi Perché non l’hai fatto.?› «Cosa avrei dimostrato.?› chiesi Ci pensò un po’ su, poi sorrise e mi tese la mano. «Senza ranco «Senza rancore» risposi, stringendogli la mano.
Avevo evitato il conflitto e mi ero fatto un amico. Vinsi perdendo. Ricordo un aneddoto raccontatomi da un amico, praticante di arti marziali. Era fermo a uno stop, in attesa di una pausa nel traffico che gli permettesse di attraversare senza pericolo una strada principale. L’automobilista dietro di lui si spazientì e suonò il clacson. Infine, perdendo la calma, il conducente scese e cominciò a minacciare il mio amico perché non si decideva a premere l’acceleratore Il mio amico abbassò il finestrino e disse,
«Vuoi fare a pugni? Va bene, ma ho mal di schiena e dovrai aiutarmi a scendere dalla macchina».
L’uomo lo guardo, scosse la testa con commiserazione e risalì in macchina. Fortunatamente per quell’automobilista impaziente, la situazione era stata risolta dall’umorismo. Non immaginava nemmeno che per poco non era stato fatto a pezzetti.
Il libro: Chuck Norris , Il segreto del mio successo
La casa editrice Luni nasce nel 1992 con lo scopo di diffondere le idee che animano la riflessione italiana rendendo disponibili e accessibili al pubblico italiano molti testi del mondo Orientale spesso introvabili.
0 commenti