Giuseppe Castiglione, un risveglio d’interesse
È accaduto a Milano, nei primi anni del XVIII secolo:
Giuseppe Castiglione, una giovane promessa della pittura milanese, cresciuto alla scuola dei più celebri artisti del Seicento lombardo, a diciannove anni, sul nascere di una brillantissima carriera,
decide di lasciare tutto e di entrare nel noviziato della Compagnia di Gesù per essere inviato missionario in Cina.
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Articolo tratto da: ICOO giugno 2019 (qui il link)
a cura di Isabella Doniselli Eramo
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Il protagonista è Giuseppe Castiglione (Milano 1688 – Pechino 1766), che, rispondendo a una precisa richiesta dell’imperatore cinese alla Compagnia, chiede di essere inviato alla Corte del Celeste Impero, dove nel 1715 viene accolto nei laboratori artistici imperiali.
Vi rimarrà più di cinquant’anni, producendo un numero incredibile di opere d’arte, obbedendo a ogni richiesta del sovrano.
E servirà tre fra i più grandi e potenti imperatori della Cina, quelli che hanno portato l’impero al massimo livello di potenza politica ed economica e al più grande splendore artistico e culturale: Kangxi (r. 1662-1723), Yongzheng (1723-1736) e Qianlong (1736-1796).
Castiglione porta con sé tutta la sua maestria di artista e tutte le sue conoscenze tecniche sull’uso dei colori ad olio, sui principi della prospettiva geometrica, sull’uso del chiaroscuro e delle luci per dare corpo e materialità alle figure e agli oggetti ritratti.
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Ma ha ben presente l’insegnamento del suo più illustre confratello di più di un secolo prima, Matteo Ricci (1552-1610) che aveva scritto della necessità di “farsi cinese tra i cinesi” e di come si era inserito nella realtà sociale e culturale della Cina: “In tutto mi accomodai a loro”, indicando l’unica proficua modalità di approccio al mondo cinese del suo tempo, chiuso e diffidente nei confronti di ciò che proviene da altrove.
Così Castiglione, mentre per incarico imperiale istruisce allievi cinesi alle tecniche di pittura europee, all’uso degli smalti, all’incisione su rame, ai principi della prospettiva (per questo traduce in cinese il celebre trattato “Perspectiva pictorum et architectorum” di Andrea Pozzo S.J.) allo stesso tempo si applica a imparare e a fare propri i linguaggi pittorici cinesi, così lontani e così diversi da tutto ciò che aveva imparato in gioventù a Milano.
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E comincia gradualmente a dipingere “alla cinese”: fiori e uccelli, ritratti imperiali, scene di vita di corte, cerimonie e caccie imperiali, battaglie, cani, cavalli…,
ma senza mai perdere completamente il contatto con le sue radici italiane. Il risultato è una pittura originale e di eccellente fattura, che “parla” in cinese ma è compresa magnificamente anche in italiano e in qualunque altra lingua occidentale. Una pittura che ha tale successo a corte, che l’imperatore conferisce all’artista il prestigioso titolo onorifico di “mandarino di terzo grado”.
Con grande dedizione Castiglione ha speso la vita nell’immane sforzo di mettere in comunicazione tra loro due universi artistico-culturali apparentemente lontani e inconciliabili e ha messo il proprio pennello e la propria abilità al servizio del dialogo tra culture, realizzando per primo in se stesso, poi nella sua arte, una felice sintesi fra diverse tradizioni pittoriche. Così si fa ponte tra mondi artistici lontani.
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Alla sua morte, l’imperatore Qianlong ne onora la memoria – gesto inaudito nella Cina di quel tempo da parte di un sovrano nei confronti di uno straniero – con un editto che loda le doti e la fedeltà alla casa imperiale di Lang Shining (questo il suo nome cinese):
“In ricordo del tuo lungo servizio al Palazzo Imperiale – recita il testo dell’editto scolpito sulla lapide tombale ancora oggi custodita nel cimitero di Zhalan a Pechino – noi ti assegniamo il titolo di Vice-ministro e doniamo 300 tael d’argento … per mostrare la nostra vicinanza e compassione. Questo è il nostro ordine”.
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Ancora oggi la figura di Castiglione è ricordata nei libri cinesi di storia dell’arte e le sue opere raggiungono quotazioni da capogiro nelle aste internazionali.
Purtroppo nella sua natia Milano e in Italia ben pochi lo conoscono e anche a livello europeo gli studiosi e i conoscitori di questo straordinario artista costituiscono un piccolo gruppo di appassionati ed entusiasti specialisti.
Alcune mostre (poche) negli ultimi decenni del XX secolo e all’inizio del XXI, in Italia e in Europa, hanno tentato di portare Castiglione e la sua opera all’attenzione del grande pubblico. In occasione dei 250 anni dalla morte, nel 2016 autorevoli studiosi della materia hanno offerto i loro contributi alla compilazione di un volume, edito da Luni Editrice: Giuseppe Castiglione, un artista milanese nel Celeste Impero, a cura di Isabella Doniselli Eramo.
Si era svolto anche un ciclo di incontri di approfondimento promosso dalla Biblioteca del Centro Missionario PIME di Milano.
Erano stati i primi passi verso l’obiettivo di valorizzare il ruolo di un grande artista italiano, milanese, che, proiettandosi in un mondo “altro”, ha saputo farsi interprete tra le due realtà.
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Ora sembra che si stia assistendo a un risveglio di interesse intorno a questa figura di artista, di missionario, di maestro, di uomo di cultura.
Proprio in questi giorni, fino al 14 luglio, a Pechino, nella Città Proibita dove Giuseppe Castiglione ha speso la maggior parte della sua vita, è allestita la mostra Beauty Unites Us – Chinese Art from the Vatican Museum.
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L’esposizione curata da padre Nicola Mapelli, responsabile del Dipartimento Anima Mundi dei Musei Vaticani e da Wang Yuegong, responsabile del Department of Palace Life and Imperial Ritual, porta al grande pubblico cinese ben 76 opere appartenenti alla collezione di arte cinese dei Musei Vaticani.
Si tratta di opere arte popolare, arte buddista e arte cattolica a testimonianza della vitalità degli incontri e degli scambi in ambito artistico avvenuti in passato nonostante i momenti particolarmente difficili che hanno contrassegnato periodicamente la storia delle relazioni tra la Santa Sede e il mondo cinese.
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Di particolare rilievo un considerevole gruppo di opere realizzate da artisti cinesi che testimoniano l’incontro tra il cristianesimo e le tradizioni artistiche della Cina.
Accanto a queste, due straordinari capolavori originali, dipinti ad olio, della Pinacoteca Vaticana: Il Riposo durante la Fuga in Egitto (1570 – 1573) di Federico Barocci e Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre (fine XVIII sec.) di Peter Wenzel.
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Ma ciò che maggiormente merita l’attenzione è il fatto che con un gesto di grande amicizia e sensibilità, il Palace Museum ha voluto aggiungere alcune celebri opere delle proprie collezioni e in particolare dipinti dell’artista cattolico Wu Li (1632-1718), il primo sacerdote cinese della Compagnia di Gesù e del suo confratello milanese Giuseppe Castiglione che è percepito anche in Cina
come un artista che è stato capace di mettere in dialogo due mondi artistici e culturali differenti.
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Inoltre, il volume di Luni Editrice, Giuseppe Castiglione, Un artista milanese nel Celeste Impero, a cura di Isabella Doniselli Eramo, con interventi di Gianni Criveller, Giuseppina Merchionne, Marco Musillo e Francesco Vossilla con Carlo Cinelli, è stato al centro di una vivace e partecipata conferenza-dibattito che si è svolta a Lugano il 24 giugno per iniziativa dell’Associazione Culturale Ticino-Cina, positiva e incoraggiante testimonianza di un crescente interesse nei confronti dell’artista e missionario gesuita che si è fatto ponte tra culture lontane.
Il libro: → Giuseppe Castiglione. Un’artista milanese nel Celeste Impero
La casa editrice Luni nasce nel 1992 con lo scopo di diffondere le idee che animano la riflessione italiana rendendo disponibili e accessibili al pubblico italiano molti testi del mondo Orientale spesso introvabili.
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