Il Viaggio in Occidente – invito alla lettura

 

V iene pubblicata in lingua italiana per la prima volta la traduzione integrale del più importante romanzo cinese. Conosciuto spesso come “Lo scimmiotto“, è un viaggio fantastico e meraviglioso nel mondo della cultura popolare cinese a metà tra il libro sapienziale e il romanzo di cappa e spada

 

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Articolo tratto da: Samurai 2015

 di Matteo Luteriani e Serafino Balduzzi

 


 

 

 • Il Romanzo

 • Scimmiotto – Sun Wukong

 

 


 

 

Il traduttore del Viaggio in Occidente, Serafino Balduzzi, e coautore del presente articolo dice nella sua presentazione del testo: 

“Dovunque questo libro si trovi, le divinità celesti lo proteggono. Il lettore deve aprirlo con rispetto e sincerità, dopo aver purificato le proprie mani e aver bruciato incenso.

Quando si sente affaticato lo chiuda, lo collochi riguardosamente in luogo elevato e badi che non sia sporcato né danneggiato. Per essere degni di leggere il ‘Viaggio in Occidente’ bisogna sapere queste cose (Liu Yiming, Commento al Xiyou Ji, scritto alla metà del secolo XV1I1).

“Il lettore si trova in mano un romanzo cinese prossimo a duemila pagine: un fiume di prosa, in cui storie fiabesche, che ignorano il confine fra uomini e animali, e in cui si incontrano a ogni passo fanciullesche stranezze.

Il libro si presenta come un enorme arazzo coperto di piccoli disegni un po’ rozzi e coloratissimi, continuamente ripetuti come in una decorazione. Altro che lavarsi le mani e bruciare incenso! La domanda che ci si pone è: perché leggere?

 

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“Eppure questo libro è da leggere, perché è un grande libro: ha ragione Liu Yiming, le divinità celesti lo proteggono. È fatto per entrare a far parte della mente del lettore, arricchendo le metafore con cui egli si aiuta a capire e a esprimere l’esperienza, e aiutandolo a vivere: in particolare a conservare, di fronte alle contusioni e frustrazioni della vita, la serenità attiva e la capacità di ridere.

Sennò, a che cosa servirebbero i libri?”.

 

 

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L’impresa editoriale

 

Decidere di pubblicare un libro di tale portata editoriale (il volume “Il Viaggio in Occidente” è pubblicato da Luni Editrice nella collana Grandi Pensatori d’Oriente e d’Occidente, 2 voli., pagine complessive 1600) è certamente una impresa titanica (infatti fino a oggi nessun editore l’aveva portata a termine). Tanto più in questo scorcio di secolo di crisi sia economica sia culturale che il nostro paese sta attraversando, paralizzato come è da questioni di bassa bottega e intrighi degni della più decadente corte del più squallido dei regni.

 

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Le traduzioni occidentali di questo libro si contano sulle dita di una mano: in italiano ne è apparsa una da Adelphi ma costituisce circa il 20% dell’integrale. La prima apparsa fu una integrale in lingua russa nel 1959: esistono poi due versioni complete in lingua inglese datate anni 70 e l’ultima nel 1991 da André Lévy per la Bibliothèque de la Pleiade.

Questa edizione pubblicata da Luni è la prima pubblicazione integrale di uno dei grandi romanzi classici cinesi che appaia in lingua italiana. Un panorama povero.

Abbiamo pubblicato in seguito: In Riva all’acqua e Jin Ping Mei

 

In riva all'acquaJin Ping Mei

 

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Dice ancora Serafino Balduzzi riguardo la sua traduzione: ‘‘Ci sarà da vergognarsi di tutte queste ritraduzioni? Rispondere non è facile come potrebbe sembrare. Per rifarci ai padri nobili: Foscolo snobbava Monti come ‘gran traduttor dei traduttor d’Omero’: eppure l’Iliade tradotta da Vincenzo Monti resta memorabile. mentre i saggi di traduzione omerica di Ugo Foscolo non lo sono.

Può accadere che il testo transiti dall’originale a un dotto limbo traduzionese, ma poi sia necessario ritradurlo, per farlo entrare davvero nella lingua di destinazione. ‘Il fatto bizzarro’ dice George Steiner del corpo delle traduzioni occidentali dalla letteratura cinese ‘è che parecchi dei traduttori più noti non conoscono il cinese (…)’ Paradossalmente, scandalosamente forse, essi formano un insieme di particolare coerenza e sono, in un paio di casi, superiori per la profondità di comprensione e di resa, alle traduzioni basate sulla conoscenza diretta dell’originale”.

 

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Il romanzo “Viaggio in Occidente”: Romanzo popolare

 

Il “Viaggio in Occidente” è uno dei grandi romanzi cinesi redatti in lingua parlata, e pertanto esclusi dalla letteratura ufficiale.

Risale alla seconda metà del XVI secolo, verso il 1570, mentre la dinastia Ming si avviava a ricadere nelle mani degli eunuchi e il paese correva verso la crisi che lo avrebbe consegnato alla dinastia manciù, l’indebolirsi dell’assolutismo e del conformismo da esso imposto lasciava spazio a un rinascimento, di cui questi romanzi sono uno dei frutti.

Il suo pubblico era senza confronto più ampio di quello della letteratura accademica: era costituito da cinesi di tutti gli ambienti ed è rimasto fino a oggi un libro noto a tutti.

Sul finire del XX secolo l’immortalità che Scimmiotto consegue già nel racconto, regge ancora bene: ha resistito a guerre e rivoluzioni, compresa quella culturale: il Grande Santo è entrato di buona lena, direttamente o come ispiratore, nella caricatura, nei fumetti, nel cinema, nei cartoni animati e nella televisione (Son Goku è la versione giapponese del suo nome, da cui la fortunatissima e famosissima serie televisiva di cartoni animati per ragazzi Dragon Ball, nata dall’universo fantastico del mangaka Akira Toriyama).

 

 

 

La lettura è scorrevole, anche per un occidentale che non abbia familiarità con la Cina.

La traduzione stessa è una lettura; se scorre può perdere definizione nei particolari, ma se intoppasse nell’erudizione rischierebbe di perdere ogni senso.

 

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Romanzo per ragazzi

 

Il Viaggio in Occidente è il romanzo di una scimmia.

Non troverete un altro animale parlante di questa levatura in nessun’altra letteratura. Sono molti i libri (popolari e non) in cui parlano bestie, da Aristofane, a Renart, a La Fontaine, a Kafka: e infiniti quelli in cui intervengono divinità, dai poemi omerici, a Dante, a Milton, a Brecht.

Nelle pagine di questo libro ci sono linguaggi un po’ sboccati, buffe violenze, e nelle sue pagine non c’è alcun rispetto per la religione: la suprema divinità taoista, l’Imperatore di Giada, con rispetto parlando, è un vecchio scemo, pavido e vanitoso: c’è gusto a mancargli di rispetto e non è difficile tenere in scacco la sua ridicola onnipotenza burocratica.

Il patriarca del Tao, Laozi, è un vecchio burbero un po’ svanito, benché si faccia rispettare per la sua competenza (e vera passione) per la tecnologia dei materiali.

 

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Il Buddha invece è un osso duro, e la pusa Guanyin. vecchia zitella inacidita che va in giro con un pappagallo bianco, è la sua degna complice. Sono una coppia di potentissimi e sadici imbroglioni. Tutto ciò che in un uomo può aver valore si deve proteggere e nascondere da loro, che sanno tutto, mettono il becco dappertutto, approfittano di tutto per conseguire i propri fini, e non conoscono né lealtà né rispetto per gli altri. Poiché il libro inalbera bandiera buddista, è naturale che questi personaggi siano trattati con rispetto formale.

Ma resta l’impressione che persino l’autore ne abbia paura, e parli bene di loro per dovere d’ufficio; di fatto non li propone né all’affetto, né semplicemente al rispetto dei lettori. Si aggiungano i “monaci buddisti fannulloni e preti taoisti balordi”, con un nutrito campionario di gagliofferie clericali.

 

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Quanto agli animali parlanti, si deve ammettere che i personaggi animali prevalgono sugli uomini.

Nel clima mentale, nelle credenze religiose, nell’allestimento narrativo del racconto, le forme viventi animali si trasformano facilmente l’una nell’altra: non si attribuiscono loro confini così rigidi come noi siamo abituati a immaginare.

 

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Romanzo cavalleresco

 

La prima parte del romanzo è dedicata alla ricerca dell’immortalità da parte di Scimmiotto; segue il racconto di come il monaco Tripitaka venga incaricato dall’Imperatore di recarsi in Occidente (cioè in India) per procurarsi le scritture del Buddha e prende l’avvio quest’altra grande ricerca, che occupa la maggior parte del romanzo.

Dapprima Tripitaka si procura avventurosamente la compagnia e l’aiuto di tre guerrieri e di un cavallo, e poi attraversa con loro spazi continentali sconfinati, dove una successione di demoni e mostri di varia natura impongono prove e scontri a non finire.

 

Sun-WuKong-孫悟空

 

Per vari aspetti, è irresistibile il parallelo con i romanzi medievali cavallereschi dell’occidente.

La tipologia delle vicende, il racconto che continuamente si rinnova e resta sempre lo stesso, l’impiego ripetuto dei medesimi congegni, le vicende avventurose così fitte che alla fine è come se non accadesse nulla, ricordano i romanzi cavallereschi che hanno alimentato le letture di tante generazioni di nostri antenati.

Il gioco prende forza dalla ripetizione, contiene un farmaco che ha effetto distensivo attraverso la narcosi; questi antichi romanzi popolari lo condividono con serial, telenovele e videogame narrativi attuali.

 

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I duelli sono frequenti, la professionalità e specializzazione dei combattenti, lo scontro verbale che accompagna e sostiene quello fisico, la ritualità, l’estetica delle armi e degli atteggiamenti, l’etica dello scontro e i suoi limiti, sono elementi familiari al lettore di romanzi cavallereschi occidentali, che il decoro esotico e una dose inconsueta di magia non fanno venir meno.

Si ripetono le insidie con scenari prestabiliti; non mancano ai nostri cavalieri appiedati cinesi gli alberi della foresta, ma il fondale preferito è la montagna.

 

Tianzi-montagne

 

Non manca la caratteristica mescolanza della fede in dio e fedeltà al signore dei cavalieri; né le ricorrenti azioni di polizia raddrizzatori. I poli bene/male, indispensabili per individuare amici e nemici, si potrebbero supporre ortodossamente forniti da due religioni: buddisti contro taoisti, come cristiani contro saraceni.

Ma la pacifica convivenza fra i due poli non trova alcuna corrispondenza occidentale e non è incrinata dalla minima incomprensione teologica: essa è tutta cinese e costituisce una delle fonti del fascino del libro.

In parole semplici, qui i buoni sono quelli che stanno dalla parte del governo, e i cattivi quelli che se ne fregano e pensano ai fatti propri; mentre quella scimmia protagonista è un cattivo divenuto buono, ma con certe riserve, oppure un buono pieno di cattiveria.

 

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Il Viaggio in Occidente utilizza il repertorio dei romanzi di cappa e spada, che sono sempre piaciuti ai cinesi, con la costante preoccupazione di fonderne i motivi per assicurare la loro coerenza nello specifico racconto (questa, in un romanzo cavalleresco, è l’alta qualità) e vi è un gran numero di libere invenzioni: ciascuno dei cento capitoli reca le sue; comprendono suggestive ambivalenze e giochi di specchi, la vera meta del viaggio viene sostituita strada facendo,

ma l’insieme è troppo complesso per restare circoscritto al genere: è al di là della cappa e spada, come Orlando Furioso e Don Chisciotte sono al di là della cavalleria.

 

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Romanzo religioso

 

Questo è un romanzo religioso; la sua etichetta da frontespizio sarebbe appunto: romanzo buddista.

Sorprenderà, dopo quanto si è detto su alcuni suoi personaggi divini e sul materialismo pervasive; eppure l’elemento lato sensu religioso ha rilievo da ben quattro punti di vista.

 

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 1.  – Il viaggio in Occidente si presenta ufficialmente come un’agiografia. Il viaggio in occidente alla ricerca dei testi buddisti è storico: lo compì nel VII secolo il monaco Xuanzang e ne lasciò una bella relazione inclusa nel canone buddista cinese.

L’autore tuttavia non ha utilizzato in alcun modo la relazione del vero Tripitaka; non sarebbe mancata la possibilità di desumerne materiale romanzesco, ma egli ha preferito tenersene lontano.

Comunque il romanzo si inserisce in una tradizione di leggende sul viaggio di Tripitaka, nella quale è stato preceduto e seguito da molti testi più semplici.

 

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 2. – Il libro utilizza copioso materiale mitografico, tanto cinese quanto indiano, sia riferendolo, sia prendendolo a modello. Il racconto ha motivi in comune con il Rāmāyaṇa, venerando epos mitologico fuori dal tempo, in cui la scimmia Hanuman incarna il guerriero fedele.

Con il materiale mitografico ne confluisce altro derivato dalla tradizione dei cantastorie che raccontavano a voce le storie inventate da loro o prese dalle leggende popolari nelle piazze.

Nel romanzo stesso, ogni capitolo si conclude con l’invito promozionale a continuare, non a leggere, ma ad ascoltare. È solo un vezzo: in realtà un abisso separa il grande romanzo, fortemente elaborato, dalle leggende cantate in piazza. Non è nemmeno certissimo che il libro sia stato scritto da Wu Cheng’en.

Ma esso presenta una chiara impronta dell’autore: un uomo pieno di spirito, non privo di risorse come narratore, saggio e umorale, colto e indipendente.

Per il lettore l’importanza del nome deriva dalle opere o notizie significative che vi si raccolgono intorno; e qui ce poco o nulla da aggiungere. Un nudo nome ne vale un altro: grand’uomo, Wu Cheng’en.

 

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 3. – Come tutti sanno. Confucio e Laozi fondarono sistemi sapienziali, che per qualche tempo entrarono in competizione per la conquista del mondo cinese. Prevalse Confucio, e con il senno di poi si deve ammettere che era destino.

I confuciani erano gente pratica, fatta per governare; se non si fossero impadroniti del governo, sarebbero affondati nel grigiore fino a scomparirvi; mentre, come governanti, fondarono il sistema politico più resistente e durevole che si sia mai sperimentato sotto il sole. I taoisti splendevano di intelligenza e di spirito; dunque erano nati per l’opposizione: da lontano predicavano il non-governo. 

La Cina diede la palma a chi la meritava. In compenso i taoisti non affondarono, ma rimasero in circolazione come minoranza.

 

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Il buddismo giunse dall’India nel primo secolo dopo Cristo e prese gradualmente piede nel paese. Anch’esso muoveva da un complesso sistema sapienziale, ma tendeva a ricavarne una religione moderna, indipendente dai venerandi relitti della preistoria religiosa. 

L’oggetto straniero penetrato nel Paese di Mezzo fu assimilato e levigato secondo i gusti degli ospiti. Il nostro libro è immerso nell’amalgama di buddismo, taoismo e confucianesimo che caratterizzava la Cina: esso è rivendicato, con qualche ragione, a tutte e tre le religioni. 

 

scimmiotto

 

Il motto riportato in apertura del presente Invito a leggere, per esempio, è di ascendenza taoista. L’assenza di incomprensioni teologiche non esclude conflitti più limitati. In mancanza della spina teologica, i conflitti restano limitati e non impediscono che i vari ingredienti siano mescolati in una sola pentola.

Fra l’alta sapienza astratta e la bassa pratica magica, concreta e utilitaria, non sembra restare libero alcun luogo intermedio come quello occupato dalle religioni monoteiste.

Esseri di entrambe le cerchie, selvatici animali taoisti della montagna e bestiole domestiche di cerchia buddista, o funzionari dell’una e dell’altra burocrazia, si dedicano senza posa a un’allegra ascesi.

 

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La loro mèta è di sottrarsi alla ruota della trasmigrazione (morte e reincarnazione), non in direzione del nirvana, ma piuttosto di una vita confortevole che duri mille e mille anni. La convivenza e inestricabile mescolanza di mentalità, mitologie e paradisi è narrata con occhio che tutto condivide, prende gusto a tutte le storie e mantiene indipendente la propria umanità.

Per gioco, potremmo dire che nel libro è confuciana la mentalità, taoista la fantasia, buddista la decorazione e wucheng’eniano l’umorismo.

 

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 4. – È possibile una lettura dell’intero libro in chiave di allegoria cosmologica: molti titoli e una parte dei versi mostrano che l’operazione non è arbitraria. Per noi lettori occidentali non eruditi restano semplici tocchi di colore locale. Niente di più naturale che questo aspetto sia stato oggetto di approfondite indagini e di considerevoli esagerazioni.

 

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Romanzo di formazione

 

La mèta è sempre presente allo spirito, le avventure durano lo stretto indispensabile e sono immediatamente seguite dalla partenza all’alba in direzione ovest; quando non vi sono ostacoli, ci si ferma soltanto per il tempo indispensabile per le necessità fisiologiche.

Non stupisce. I viaggiatori devono ubbidire a ordini imperiali e celesti, e soprattutto devono divenire, devono raggiungere la perfezione buddista. È una continuità della natura, ed è il percorso formativo dei personaggi; attraverso una sola vita o, se occorrono, più vite.

Reincarnazioni e ascesi sono trattate in modo molto materiale; il lettore occidentale per diletto non si troverà trascinato a divenire esperto di mistica orientale, ma in compenso non avrà difficoltà a familiarizzarsi.

 

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Romanzo satirico

 

Scimmiotto a contatto con le corti umane, celesti e infernali genera satira capace di ferocia.

Porcellino è un personaggio comico, con le incombenze del buffone. Un po’ tutti i personaggi sono caratterizzati o agiscono con aspetti che muovono il riso o il sorriso. È chiaro che nessuna delle etichette elencate è più giusta delle altre, nemmeno quella di romanzo umoristico, oppure satirico.

Ma l’ingrediente fondamentale, che nel libro dà rilievo a ogni altro sapore, è precisamente un umorismo pervasivo, anzi una coppia di umorismi: quello generato dalla benevolenza e dall’ottimismo, e quello che ha radici nell’ira e nel disprezzo.

La principale molla del comico è l’innesto – sulla fiammeggiante fantasmagoria orientale – della grigia e quotidiana prassi della burocrazia mandarinale. Si noterà che l’accostamento non è gratuito: la corte cinese (come del resto altre corti, anche in tempi a noi vicini) credeva davvero di gestire con la burocrazia sia l’universo vero, sia – dove eventualmente se ne differenzi – l’universo fantastico.

 

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Romanzo di viaggi

 

Per concludere il gioco ci si aspetterebbe, considerati il titolo (viaggio o peregrinazione che sia) e il soggetto del libro, di poterlo considerare anche come romanzo di viaggi.

Ed è vero che i personaggi camminano per anni, ma è come se conducessero un’infinita esplorazione dei dintorni del loro punto di partenza. Lo spazio-tempo del viaggio, sorvegliato nei cicli stagionali, è per ogni altro verso simbolico e irrealistico.

 

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Una curiosa invenzione fa convivere, accanto a uno spazio-tempo espanso più del vero mediante la ripetizione, un altro che viene contratto a piacere da un viaggiatore velocissimo, che lo divora ancor più in fretta di quanto sappiano fare i nostri tappeti volanti a reazione, pur sufficienti a ridurre il mondo a un villaggio.

 

 

In compenso, per chi non sia del posto e del tempo, c’è molto da imparare sulla Cina del XVI secolo, e le pagine del libro sono ricchissime di informazioni dal vivo:

i personaggi viaggiano davanti a fondali dipinti, ma i lettori compiono un autentico viaggio-soggiorno nello spazio e nel tempo. Abitudini quotidiane, cibo e cucina, abiti e oggetti, abitazioni, templi, funzioni religiose, burocrazia, giustizia, guerra, caccia, armi, diplomazia. rapporti personali, rapporti familiari, medicina ecc.

Gli ambienti più esplorati sono i conventi e le corti, con la relativa burocrazia; ma anche case di contadini e mercanti.

Non stupirà che la saggezza esoterica sia accompagnata dalla saggezza popolare, con un flusso continuo dei proverbiali proverbi cinesi.

 

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Sun Wukong, Scimmiotto

 

Perché il Viaggio in Occidente è un grande libro?

Il perché è Scimmiotto. Si è detto come il protagonista del viaggio in occidente sia ufficialmente il monaco Tripitaka, ma Wu Cheng’en ha preferito utilizzarla solo di sbieco e ha puntato tutto su Scimmiotto.

 

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È lui che mette in gioco tutti gli altri personaggi, uomini, dèi e mostri. Chi non entra in conflitto con il collerico Scimmiotto, in questa storia può solo vegetare ai margini.

Man mano che il racconto avanza si sarebbe portati a dimenticare la sua natura scimmiesca; sia perché è un uomo straordinario, dotato di una incontenibile, perenne, destabilizzante, feroce allegria e soggetto a una collera incendiaria; sia perché detiene il punto di vista dominante, e il lettore viene invitato a identificarsi con lui.

La vita lo porta fino a salire al paradiso taoista e a metterlo a soqquadro. Scimmiotto non ama la menzogna e la usa solo a ragion veduta, di solito come arma di combattimento.

 

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Scimmiotto ha una duplice, curiosa qualificazione metafisica e metaforica, da non ignorare nel corso della lettura delle sue imprese, per coglierne insieme il lato notturno e quello razionale.

 • Da un lato, benché figlio del cosmo (della limpidezza celeste e del rigoglio terrestre, da loro nutrito in seno a una rupe che lo partorisce), egli incarna una scheggia del caos primordiale. Brilla nel cosmo attraverso tutte le ere del tempo che ciclicamente lo rinnovano, ma non partecipa del suo ordine del momento: è invece un principio di distruzione, ed è forse la possibilità perennemente latente di ordini diversi.

 • D’altro lato egli – la scimmia – simboleggia il cuore d’uomo: Applicando insieme le due metafore al medesimo personaggio, Wu Cheng-en le identifica fra loro, o almeno le forza a convivere.

 

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Scimmiotto dovette piacere alla gente anche per l’insolito spirito di indipendenza con cui si rivolgeva al potere costituito, esercitando ora la ribellione, ora il mugugno: queste circostanze aiutano a spiegare la sorprendente capacità che mostra Scimmiotto di parlare (o far parlare la Cina) al lettore occidentale.

Tuttavia lo sguardo che i suoi “occhi di fuoco dalle pupille d’oro” rivolgono a persone e cose resta sempre il più limpido,

e il più comprensibile anche per gente, come noi, lontana dal suo tempo e dal suo paese. Grazie a lui possiamo mescolarci al pubblico dei destinatari originari del racconto, condividerne il piacere e comprendere senza sforzo la loro umanità.

 

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Scimmiotto in Occidente

 

Oggi la Cina sembra aver compiuto la sua secolare discesa e permanenza agl’inferi, e ne sta risalendo come una freccia, per quanto lungo possa essere il percorso. Gradualmente essa perderà il connotato di paradiso del lavoro a basso costo, e andrà acquistando quello di grande mercato (magari alla fine il più grande del mondo).

Ciò che probabilmente non cambierà, sarà l’impossibilità di capirla con il solo aiuto di idee occidentali.

 

 

 

Nel retaggio dei cinesi vi è un talento senza pari per i commerci, le tecnologie e ogni forma di saper vivere. Essi hanno certo buone carte per aver successo nella “competizione globale”, e nei prossimi decenni non mancheranno di dimostrarlo.

Ma nulla, che da fuori entri in Cina, rimane qual era. Non perché il paese sia “chiuso”, ma perché ha sempre avuto una potente propensione (e i mezzi culturali occorrenti) per tutto trasformare, metabolizzare e sinizzare. 

 

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Per convivere con costoro (e sarà un affare eccellente, oppure una necessità inderogabile) bisognerà accettare di ricevere da loro non meno di quanto si dia: è inevitabile incontrarsi a mezza strada. Dunque bisognerà conoscerli bene.

Di che cosa sono fatti i cinesi? Il Viaggio in Occidente, per esempio, con la sua vitalità che perdura dopo quattro secoli tumultuosi, è uno dei tanti ingredienti. Una molecola della mente cinese è custodita qui.

 

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Cosa resta infine da dire?

Tuffatevi nella lettura di questo meraviglioso affresco del Viaggio in Occidente per comprendere al tempo stesso il presente, il passato, e il futuro che ci aspetta! Buona lettura.

 

 

Il Viaggio in Occidente

Il libro: → Il Viaggio in Occidente

 

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Il Viaggio in Occidente

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