Banksy. L’arte come rivoluzione
Come può questo artista divisivo, questo “vandalo” imbrattatore di muri vedere il proprio lavoro esposto in un vero museo, a pochi metri dai capolavori “istituzionali” dei grandi maestri?
Le domande alle quali il libro è dedicato non ricevono ancora una risposta strutturata da parte dell’accademia. Le istituzioni culturali sono oggettivamente in difficoltà nel confrontarsi con un soggetto che pare avere come unico desiderio quello di sfuggire al loro controllo, ridicolizzandole. Il sistema dell’arte
contemporanea, attratto dalle ghiotte opportunità di profitto, tenta sistematicamente di normalizzare Banksy senza mai riuscirvi completamente. Si deve quindi obbligatoriamente procedere per via empirica, partendo da una biografia necessariamente frammentaria, cercando di trarne i riferimenti culturali essenziali, trasferendoli in una ricostruzione del tutto soggettiva dei tratti essenziali della poetica banksyana per approdare infine alle dimensioni del rapporto con il sistema e dell’influenza delle esigenze del marketing. La dimensione della contraddizione nella quale Banksy si muove è alla base di chi voglia azzardare un giudizio compiuto sulla sua opera, quella del sovversivo che si ritrova componente di pregio del meccanismo che vorrebbe annientare. È in essa che giace l’elemento di verità che ne legittima il ruolo di artista, come ha ben sintetizzato Shepard Fairey, un altro grande creativo contemporaneo: “Banksy riassume in sé alla perfezione il mondo dell’arte: l’autentico intrecciato all’assurdo”.
Maddalena Ricolfi, milanese (classe 1993), si è laureata in Economia e Gestione dei Beni Culturali e dello Spettacolo all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Questo è il suo primo libro.
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