Diario di Sarashina
Il nome dell’autrice di questo diario, una nobile giapponese dell’anno Mille, non si conosce con precisione.
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Viene chiamata semplicemente “la figlia di Sugawara no Takasue’’ da Fujiwara no Teika, il grande poeta della fine del Dodicesimo secolo che aveva scoperto e pubblicato questo libro, che perciò aveva suscitato molto presto l’ammirazione di un intellettuale considerato tra i massimi scrittori e critici della storia giapponese.
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È un diario che racconta gli episodi più toccanti di una vita non così densa di avvenimenti esteriori, ma concentrata in un’estrema sensibilità e finezza d’osservazione psicologica.
Le vicende personali dell’autrice rispecchiano quelle di molte altre donne dell’aristocrazia del suo tempo; ma la vera sorpresa è la coscienza di sé, la capacità di analisi, la lucidità delle sue pagine. Una constatazione innanzi tutto: il diario inizia con delle note di viaggio scritte a soli dodici anni, che già rivelano una finezza e una capacità di descrivere il mondo in pochi tocchi magistrali che saranno la cifra stilistica di tutte queste pagine, anche negli anni della maturità.
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La giovanissima scrittrice ha scoperto il Genji monogatari ed è un’appassionata lettrice, trasportata in un mondo poetico fatto di personaggi ideali e di amore per la bellezza.
Ma come tutti gli artisti deve fare i conti con un mondo esterno contrapposto alla grandezza della sua immaginazione; il suo diario è soprattutto lo specchio di una progressiva presa di coscienza del divario tra il suo mondo interiore e la vita in società, i suoi obblighi e le sue maschere.
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Attraverso la sua scrittura possiamo conoscere un intero mondo di emozioni private e di riflessioni sulla condizione umana mentre al tempo stesso l’autrice fa anche il ritratto di una società:
dietro lo stile levigato e minimalista, il suo punto di osservazione è molto più provocatorio di quanto possa sembrare.
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Diario di Sarashina
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