Epistola dell’Albero e dei Quattro Uccelli
“Epistola della riunione della creatura al proprio essere essenziale, attraverso l’incontro con l’albero umano e con i quattro uccelli spirituali”: ecco come potrebbe tradursi il titolo completo di questo opuscolo, qui per la prima volta in versione italiana.
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Titolo che dà immediata contezza dell’argomento e del piano dell’opera, ma che solleva fin dalle prime righe problemi e questioni senza fine.
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Nelle Rivelazioni Meccane egli ci spiega: «L’ittihâd è il divenire una sola essenza da parte di due, quella del servo e quella del Signore; ora, non può darsi ittihâd che nell’ambito della quantità e della materia; e non si tratta che di uno stato precario e transitorio».
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Ovvero: l’uomo è sì tenuto a mettersi in viaggio, ma non verso una illusoria unità di Creatore e creatura basata su di un “indiamento” in cui le essenze si confondano, bensì verso la consapevolezza dell’Unità dell’Essere (tawhîd). E in altro passo definitivamente precisa: «L’unità appartiene a Dio solo, mentre il suo servo non può realizzare che l’unione. Non potendo costui concepirsi in sé, ma solamente in relazione all’Altro, giammai sarà in grado di aspirare l’aroma dell’unità».
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Insomma: l’unificazione è logicamente impossibile, e oltretutto inutile, dal momento che l’essenza di tutti gli esseri è unica, ed è precisamente quella dell’Essere Puro. Basta prenderne atto perché tutte le vane preoccupazioni cadano, e si verifichi l’immediata estinzione di ciò che è superfluo, nella permanenza di quanto è necessario e immutabile.
Un testo straordinario per la sua profondità, scritto dal “Dottore Sommo”, reso finalmente fruibile per il lettore italiano nella sua freschezza e tesi dottrinali.
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Abu Bakr Mu¡ammad Ibn `Ali, più noto con il nome di Ibn `Arabi nacque a Murcia, in Andalusia nel 1165. A vent’anni, dopo una malattia che lo ridusse in punto di morte e l’incontro con il filosofo aristotelico Averroè, che ne rimase ammirato e stupefatto, entrò nella vita mistica facendo professione di sufismo.
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