Guadagnarsi il pane. Scrittori italiani e civiltà della tavola
Guadagnarsi il pane si può leggere in molti modi. Lasciandoci conquistare dalle storie di tanti personaggi dimenticati (soprattutto donne straordinarie) e da vicende incredibili (Paolo Mantegazza inventore della Coca Cola nell’Ottocento).
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Ma anche da avventure imprenditoriali come quella del formaggio del Bel Paese, che prende il nome dal best-seller dell’abate Antonio Stoppani (ritratto sull’etichetta), oppure dai ricordi di chi ha fondato nel 1926 il primo premio letterario italiano in una trattoria frequentata da artisti, giornalisti e scrittori, il Premio Bagutta.
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Perché di scrittori nel libro se ne incontrano tanti, e non solo celebri (Casanova, Verga, Montale), ma sempre raccontati da un punto di vista che li rende diversi: Gadda si siede a tavola appena può – meglio se ospitato –, Pirandello dà il nome a una bistecca cucinata per lui a Parigi.
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Con loro salgono alla ribalta i giornalisti, a partire da Paolo Monelli, che con – Il ghiottone errante – inaugura il reportage enogastronomico, qui studiato insieme alla contemporanea prosa d’arte e alla storia della letteratura di viaggio.
Per tutti il rapporto con il mangiare e il bere è anche una faccenda economica – alla “Riviera Ligure” Pascoli chiede “l’elemosina”, Ungaretti scrive ricette di cucina per arrotondare –, e il denaro si guadagna grazie alle collaborazioni pubblicitarie con l’industria alimentare (ma D’Annunzio lavora molto anche con piccoli produttori locali) e con l’editoria libraria e periodica del settore, a cominciare dalla leggendaria “Cucina Italiana” che sin dal 1929 ospita ricette firmate dal fior fiore dei letterati.
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E poi ci sono i professionisti, autori di manuali e ricettari passati in rassegna nel libro, costellato di scoperte bibliografiche, testi curiosi e persino osé – la cucina afrodisiaca ha lo spazio che merita.
In un’originale sintesi interdisciplinare Clerici racconta così il ruolo della civiltà della tavola nell’evoluzione della letteratura italiana dal Settecento a oggi, da quando cuochi di corte ormai disoccupati aprono caffè, trattorie e ristoranti creando nuovi spazi di socialità borghese.
Scrittori e artisti di estrazione diversa si danno appuntamento qui, dove nascono idee destinate a influenzare con opere nuove il sistema dei generi non solo letterari, interpretati in rapporto alla storia del costume, della mentalità e dell’immaginario collettivo, senza dimenticare mai le condizioni alimentari del paese reale.
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Luca Clerici insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università degli Studi di Milano e si occupa di generi, autori e opere sia istituzionali sia popolari e di massa degli ultimi tre secoli.
Tra i suoi libri: Il romanzo italiano del Settecento. Il caso Chiari (Marsilio 1997, Premio Amantea); Il viaggiatore meravigliato. Italiani in Italia (1714-1996) (il Saggiatore 1999, Premio Chiavari); Apparizione e visione. Vita e opere di Anna Maria Ortese (Mondadori 2002, Premio Elsa Morante e Premio Brancati); Scrittori italiani di viaggio 1700-1861 (Mondadori 2008, Premio Città di Gaeta); Scrittori italiani di viaggio 1861-2000 (Mondadori 2013); Libri per tutti. L’Italia della divulgazione dall’Unità al nuovo secolo (Laterza, 2018); Mangiarsi le parole. 101 ricette d’autore (Skira, 2018).
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• La Milano del buon cibo tra storia, nomi e avventure – Corriere della Sera 25/07/21
• Gusto e letteratura, al bar con lo scrittore – IO DONNA 24/07/21 – link al sito
• Da Ungaretti a Pirandello, ecco “Guadagnarsi il pane. Scrittori italiani e civiltà della tavola” – da Winenews.it
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