I versi aurei di Pitagora
I versi aurei di Pitagora di Fabre d’Olivet compaiono qui la prima volta in italiano in versione integrale. Si tratta di un erudito commento teosofico su un gruppo di versi attribuiti a Pitagora, in realtà opera di Liside o di scuola pitagorica.
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Questi versi, nel corso dei secoli, hanno avuto numerosissime traduzioni: quella proposta da d’Olivet, in metrica «eumolpica» – come egli stesso la definisce – non è certo la più letterale, ma si assume manifestamente il compito di «restituire» e, in qualche misura, «svelare» le autentiche profonde ragioni del testo.
D’altra parte, come sarebbe diventato chiaro nelle sue opere successive, la sua intenzione era di dar vita a un metodo «scientifico» di traduzione che si allontanasse dal paradigma europeo, fondendo teorie fonosimboliste con la capacità descrittiva propria delle lingue non indoeuropee.
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Questo fu possibile individuando un numero, in realtà assai esiguo, di figure «primitive» – piccole particelle, segni espressivi e di contenuto insieme – che, presenti in ogni lingua nella medesima forma, danno la possibilità di cogliere significati spirituali che sottendono un testo.
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Fu da questo testo che prese le mosse, paradossalmente proprio in una Francia che aveva conosciuto la Rivoluzione, il movimento di riscoperta della dottrina ascetica della Scuola di Pitagora, il cui fine era di guidare la Mente dell’uomo a percorrere l’itinerario che la conduce a Dio.
la storia dell’umanità è perciò la manifestazione di un Principio unitario, all’idea del quale può accedere solo l’iniziato che, libero finalmente dalle catene della materia, viene innalzato, dalla forza attrattiva dell’Identità Suprema, fino alla sorgente metafisica dell’esistenza.
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Antoine Fabre d’Olivet (1786-1825) visse nel periodo travagliato in cui l’Europa fu sconvolta da rivolgimenti epocali come Rivoluzione francese, l’epopea napoleonica, la Restaurazione.
La sua opera filosofica, e di decrittazione delle Antiche Scritture, greche ed ebraiche, trasse inizialmente ispirazione dal Monde primitif di Court Gébelin, per approfondire poi la risalita verso le radici metafisiche del linguaggio, e verso la lingua primordiale, in un modo che fece di lui uno dei capisaldi dell’esoterismo occidentale del secolo XIX.
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