Il Ki e il senso del combattimento
Ne Il ki e il senso del combattimento il Maestro Kenji Tokitsu affronta le questioni fondamentali circa l’essenza e la struttura delle arti marziali e il senso e il futuro della loro pratica nel mondo moderno occidentalizzato, trovando risposte decisive.
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Elemento fondamentale è la nozione di «budo»: una pratica corporea che mira all’autoformazione, unendovi la ricerca di una certa forma di perfezione.
È l’impegno e l’investimento dell’intera vita di una persona, ed è ciò che impedisce alle arti marziali sia di tralignare nella competizione sportiva, sia di deviare verso pratiche sempre più «dolci» e spiritualistiche quando se ne distaccano divenendo semplice pratica di sequenze gestuali codificate.
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Chiave e guida del budo è il ki, che è a un tempo energia vitale e soffio o respirazione.
È una certezza interiore preconscia, difficile da comunicare a parole, ma comunicabile con il corpo.
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Percepire intensamente il ruolo del ki implica che un adepto pratichi il combattimento «colpendo dopo aver vinto», cioè dopo aver turbato il ki dell’avversario (atto che si chiama «kizemé») a un punto tale, dirigendo su di lui il proprio ki offensivo (o «semé»), da far sì che egli diventi vulnerabile.
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«Ormai – così conclude Tokitsu – la ricerca dell’efficacia in combattimento assume anche il senso dell’interiorizzazione di un’etica».
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