L’educazione dell’anima
Il sentimento che «chi ha fatto un grano di bene lo vedrà e chi ha fatto un grano di male lo vedrà» (Corano, 99:7-8) comporta obbedienza a Dio. Tanto più forte sarà nel credente la certezza di quella verità, tanto più grande sarà la cura che egli metterà nel praticare gli atti di pietà e nell’evitare le cattive azioni.
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Egli indica anche come basilare la coscienza della presenza di Dio che conosce i segreti dei pensieri più intimi.
Per conseguire una fede superiore a quella della gente comune e accedere al grado ideale di conoscenza, la chiave è la lotta spirituale, la resistenza alle passioni, la piena dedizione al ricordo di Dio. Questo grado però varia, dipende dall’applicazione dello spirito e dalla natura del soggetto. Il Maestro qui indica un percorso iniziatico sulla Via dei sufi.
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Ghazàlì nacque a Tùs nel 1058-9 e ivi morì nel 1111. Fu un grande teologo, moralista e mistico, controversista, polemista, logico, giurista e autore assai prolifico: ricordiamo il suo monumentale Ravvivamento delle scienze religiose.
È stato giudicato il più grande musulmano dopo Muhammad. Egli fu una di quelle personalità che imprimono nuovi orientamenti ai processi spirituali, lasciando nella storia del pensiero e di conseguenza anche negli eventi umani, un’orma duratura. Ghazàlì, conseguita un’intensa vita religiosa tramite le pratiche dei sùfi, si propose di farne partecipi tutti i musulmani.
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Per salvaguardare l’ortodossia, egli da un lato consigliò le pratiche del sufismo che potevano rinvigorire l’Islàm, dall’altro inferse un grave colpo alla filosofia e all’eterodossia. La sua azione portò a una conciliazione fra spiritualità sùfi e struttura legale musulmana da cui l’Islàm trasse vantaggio perché la fede, consolidata e arricchita, conobbe una nuova fioritura.
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