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Ovidio – Le metamorfosi

20,90

Publio Ovidio Nasone
Traduzione di Serafino Balduzzi
pp.320
ISBN: 9788879845496

Le Metamorfosi

Le Metamorfosi hanno duemila anni e non li portano troppo male, a patto che la burocrazia accademica non rompa le uova nel paniere. Ovidio possedeva doti folgoranti: era «un poeta più naturale, più geniale, più cordiale, più ricco d’immaginazione, più giocoso di Virgilio o di qualsiasi altro poeta latino».

 

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Lo dice James Henry, filologo e poeta, nel suo fondamentale e gigantesco studio critico, esegetico ed estetico dedicato a Virgilio.

Ma il giovanotto, presentandosi virtuoso da sfiorare l’arroganza, nonché sfrontato da proclamarsi immortale senza bollo governativo, si rese inviso ad Augusto.

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L’imperatore colse scuse nebulose per buttarlo senza ritorno fuori dal mondo civile, in riva al Mar Nero, e occultarne le tracce da vivo e da morto. Non si può dire che riuscisse nell’intento anche da morto. Secoli dopo nel mondo occidentale il nome di Ovidio illuminò una lunga “età ovidiana”.

Nessun successivo ridimensionamento critico fino a oggi potè abrogare il fascino che le Metamorfosi aggiungono a tanti miti greco-romani, rendendoli ispiratori di sempre nuove storie, teatro, figure.

 

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Anche solo nelle arti figurative, gran parte delle immagini dedicate alla mitologia classica mostra di rifarsi a quel piccolo libro. Ma lasciamo la parola a Ovidio (Libro XII) che chiarisce alla sua maniera il quadro:

«C’è un punto strategico del cosmo dove terra, mare e cielo s’incontrano. Da là, occhi spalancati vedono ogni cosa e orecchie ben aperte odono ogni voce, per quanto remote siano. È la casa della Fama, sopra un’alta rocca; vi si aprono innumerevoli porte e porticine prive di battenti, ed è piena di buchi e fessure fin sopra il tetto.
Giorno e notte non c’è pace là dentro: tutto risuona e vibra di gridi, voci e sussurri moltiplicati dagli echi. Non è certo un posto adatto per chi ami il silenzio; eppure non si può dire che ci sia baccano, ma piuttosto un brusio continuo, un sordo brontolio come quello che rotola per il cielo dietro ai colpi di tuono.

 

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Una gran folla volubile va e viene; circolano verità, bugie, stramberie, chiacchiere senza senso, il tutto mescolato insieme alla rinfusa. La gente si riempie le orecchie oziose del parlottio e lo va a riferire altrove; alle frottole che ha udito, ne aggiunge tante altre che s’inventa. Abitano qui la Credulità, l’Errore Fatale, l’Ottimismo Campato in Aria, il Pessimismo Paralizzante, la Rivolta Giovanile, l’Insinuazione senza Capo né Coda.

È così che veniamo a sapere come funzionano il cielo, la terra e il mare – o ce lo inventiamo».

 

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E termina le sue Metamorfosi così: «Ho scritto un’opera che resisterà a tutto: non la distruggeranno né cataclismi voluti dagli dei, né catastrofi provocate dagli uomini, e neppure il tempo che tutto consuma. […] Se i presagi dei poeti valgono qualcosa, io attraverso i secoli – vivrò».

 

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Publio Ovidio Nasone (43 a.C. – 17 d.C.), è stato un poeta romano. Autore di molte opere cadde in disgrazia per un “carme” e dovette allontanarsi da Roma per finire la sua vita a Tomis (Costanza), in Romania. Le Metamorfosi è non solo il suo scritto più famoso ma uno dei testi più importanti al mondo.

 

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