Le stagioni blu. L’opera di Wang Wei pittore e poeta
Le poesie di Wang Wei (701-761 d.C.) vengono qui tradotte nella loro totalità e presentate per la prima volta al lettore italiano.
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Appartengono alla raccolta anche due prose, La lettera della montagna a Pei Di e la famosa Il segreto della Pittura, nella quale viene espressa l’essenza della pittura paesaggistica a inchiostro, di cui Wang Wei fu l’iniziatore e di cui, ancor oggi, è considerato il maestro assoluto.
Wang Wei (701-761 d.C.) è considerato, insieme a Li Bo e Du Fu, uno dei massimi poeti cinesi; le poesie vengono qui tradotte e raccolte nella loro totalità per la prima volta in lingua occidentale, da Patrick Carré.
Appartengono alla raccolta anche due prose: la Lettera dalla montagna a Pei Di, per vasa d’afflato lirico, e II Segreto della Pittura, in cui viene espressa l’essenza della pittura paesaggi stica a inchiostro, detta del Sud, di cui Wang Wei fu l’iniziatore e il maestro.
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Benché la sua opera pittorica non ci sia pervenuta egli tuttavia è considerato il massimo pittore cinese, ideatore di quella scuola pittorica che considerava il colore come secondario, mettendo al primo posto la «sintetica trasposizione» e graduando le tonalità ottenibili con l’inchiostro nero.
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Wang Wei infatti per buona parte della sua vita ricoprì incarichi a corte, subendo le alterne vicende di questa, e in alcune poesie ci offre uno spaccato della vita e delle cerimonie di corte della Cina classica d’epoca Tang (618-905 d.C.), quando la funzione civilizzatrice dell’Impero era in espansione verso la barbarie d’Occidente e stabiliva contatti col Giappone.
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Se le poesie paesaggistiche rendono Wang Wei poeta universale, quelle di corte, per 1 continui riferimenti a un mondo particolare, richiedono un commento che il traduttore Patrick Carré inserisce, basandosi sull’edizione d’epoca Qing dell’opera di Wang Wei redatta dal commentatore Zhao Qian-cheng, come un testo nel testo, fornendo una piccola enciclopedia di aneddoti della Cina dell’epoca.
Dice Carré nella sua introduzione: «…La lingua di Wang Wei, al di là della sua semplicità, non è di quelle che si padroneggiano al minimo sforzo. Che dire di questa poesia la cui sottigliezza scoraggia il commento?
Che essa esprime il mistero d’uno spazio che è per antonomasia quello del paesaggio cinese… ch’essa fa cantare montagne e brume, alberi e rocce, torrenti e fiumi… ch’essa emana una sottile tristezza che si compiace volentieri della sua amarezza… ch’essa innalza l’innocente lettore ai vertici d’un piacere infinitamente raro e malgrado ciò infinitamente intenso… In breve, eh’essa rappresenta la quintessenza dell’immaginario cinese: una maniera’ discreta e meravigliosamente efficace di giocare d’astuzia con l’indicibile».
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E ora, lasciamo parlare il poeta.
Di Wang Wei, capace di esprimere mirabilmente il mistero d’uno spazio che è per antonomasia quello del paesaggio cinese, così ci parla Su Dong-po: «Le sue poesie erano quadri, e i suoi quadri poesie».
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Le stagioni blu
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