Scritti di Mencio
Nulla è l’individuo, tutto lo stato. La vita deve essere sottoposta alla più scrupolosa osservanza dei doveri e regolata da un complesso cerimoniale che dirige ogni atto dell’uomo saggio.
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Mencio, vissuto quasi due secoli dopo il Maestro, è uno dei più grandi dottori del Confucianesimo. Anche in lui troviamo lo stesso rispetto per le tradizioni, ma è più moderno e spazia con il pensiero più liberamente che non il suo Maestro.
La ricerca filosofica, come è noto, è intimamente connessa con le condizioni storiche e le vicende politiche di un popolo, per quel rapporto costante che sempre corre fra il mondo delle idee e il mondo dei fatti. È chiaro quindi che il pensiero cinese del IV e III sec. a.C. dovesse risentire delle speciali condizioni politiche contemporanee.
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Mencio voleva la riforma dei costumi e insieme il miglioramento delle condizioni politiche ed economiche.
Il principe è lo specchio dei sudditi: se egli è un rigido custode della virtù e della giustizia, imparziale, abile riordinatore dell’amministrazione, e soprattutto si adopera per una riforma dell’agricoltura, i popoli degli altri stati si sottometteranno al suo dominio.
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Mencio invece riteneva l’animo umano essere propenso al bene, per quegli innati sentimenti di pietà, equità, sincerità, prudenza, che costituiscono le doti essenziali del nostro spirito. Se i tempi sembravano contraddirlo, la causa si doveva ricercare nel fatto che i popoli mancavano di un governo assennato che li incitasse al bene, mancavano soprattutto di quella prosperità economica senza la quale nessuno – a eccezione del saggio – può seguire la virtù.
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Egli credeva necessaria una riforma economica la quale avesse per base una più equa ripartizione delle ricchezze, e proponeva una nuova divisione delle terre e l’abolizione dei tributi fissi che i coltivatori dovevano pagare annualmente allo stato.
La presente traduzione è stata condotta direttamente sull’originale cinese dal grande orientalista Giuseppe Tucci, che scrive, nell’Introduzione: «Ho cercato di mantenermi fedele al testo, del quale ho volute dare, nei limiti del possibile, una traduzione letterale.
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Ho ridotto al minimo le note, limitandole a quei soli casi in cui mi sono sembrate necessarie per un’esatta comprensione del testo, evitando ogni discussione di carattere più specialmente scientifico, non adatta per un libro che – come questo – non è fatto per i sinologi – ma solo mira a far conoscere a quanti amano la cultura, uno dei più grandi pensatori della Cina».
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Mencio, nome derivato dalla latinizzazione di Mengzi, “Maestro Meng” (372 ca. – 289 ca. a.C.), è stato un filosofo e saggio itinerante che portò in giro per la Cina del suo tempo la dottrina confuciana.
Dopo aver cercato invano per tutta la vita un sovrano illuminato che potesse ristabilire i valori tradizionali antichi, si ritirò e compilò i suoi scritti che qui presentiamo.
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