Un’autobiografia o quasi
Per tutta la vita Kurosawa è stato in lotta contro ogni forma di ottusità, prepotenza, ingiustizia, e lo ha dimostrato sia nelle sue vicende personali, sia nella sua creazione artistica.
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La sua ribellione è iniziata molto presto, ma ha potuto esprimersi nella maniera più compiuta quando ha cominciato a girare film.
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Tutte le esperienze della prima parte della sua vita compongono il ritratto di un ragazzo insicuro e determinato, curioso e ribelle, nato in una famiglia di samurai legata alle tradizioni ancestrali e allo stesso tempo aperta, con una specie di genio, a tutte le novità culturali provenienti dall’Occidente nel Giappone degli inizi del Novecento.
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Non è un caso che questa specie di autobiografia sia scritta come un film: i suoi protagonisti, gli ambienti, le storie che si intrecciano, i luoghi, tutto appare vivido agli occhi di chi legge come su uno schermo.
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Il suo libro si legge come un film e racconta storie e persone con la stessa partecipazione, rabbia, poesia e, perché no, anche quell’umorismo, che Kurosawa ha sempre espresso nella sua immensa opera cinematografica.
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Akira Kurosawa (Tokyo 1910 – 1998) è stato uno dei massimi registi della storia del cinema e il primo regista giapponese a ottenere fama internazionale.
Figlio di un ex ufficiale dell’esercito, nel 1936 diventa assistente alla regia, distinguendosi come autore di sceneggiature. Nel 1943 fu promosso al rango di regista e il suo primo film, Sugata Sanshiro, di cui scrisse anche la sceneggiatura, ebbe immediatamente un grande successo.
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Nel 1948 Akira Kurosawa ottiene il successo con L’angelo ubriaco e nel 1951 il suo Rashomon vinse il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia e l’Oscar come migliore film straniero. Era la prima volta che un film giapponese otteneva tanti e tali riconoscimenti e da allora la carriera di Kurosawa fu in costante ascesa, culminando con la realizzazione de I sette samurai, nel 1954.
Dopo una serie di grandi film, nel 1978 i registi George Lucas e Francis Ford Coppola, che lo consideravano uno dei loro principali maestri, finanziarono il suo film Kagemusha (1980), che vinse la Palma d’Oro a Cannes, seguito nel 1985 dall’altrettanto straordinario film Ran.
Dal 1987 al 1998 uscirono poi Sogni, Rapsodia in agosto e Madadayo e nel 1990 gli fu tributato l’Oscar alla carriera.
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