Vāstusūtra Upaniṣad. Fondamenti della Scultura Sacra in India
Vāstusūtra Upaniṣad. Chi studia l’arte dell’India antica non può prescindere dalla Vāstusūtra Upanisad, uno dei documenti fondamentali di quel lontano universo, e certamente tra i più significativi a cui dover dedicare tutta l’attenzione possibile.
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Dallaporta e Marcato hanno tradotto dall’inglese e adattato per il lettore italiano il trattato pubblicato in India a cura di A. Boner, S.R. S´armā e B. Bäumer.
Il testo, che si articola in sei capitoli composti secondo il modello tradizionale di domanda e risposta sui temi ritenuti fondamentali, fa parte di un corpus di trattati classici di materie diverse, tramandati oralmente dai tempi più remoti e redatti e ricopiati a partire forse dal IV sec. a. C.
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La Vāstusūtra Upanisad privilegia agli aspetti tecnici i princìpi filosofici e simbolici che stavano all’origine della scultura sacra dell’India antica.
Le indicazioni contenute, oltre a delineare una iconologia condivisa da scultori, sacerdoti e fedeli, a livelli diversi, si configurano come una sorta di sintassi del linguaggio basilare della forma, che si può considerare di carattere universale. Il testo tratta il simbolismo di base dello schema compositivo, le corrispondenze micro-macrocosmo di immagini sacre, la questione metafisica dell’origine della forma e la sua importanza per il raggiungimento della realizzazione spirituale, è l’argomento centrale del trattato.
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Dal momento che il contatto con il divino costituiva lo scopo comune, i mezzi che lo permettevano, la figurazione e il sacrificio, vengono qui presentati come azioni parallele e per molti versi simili.
Per questo l’approccio alla scultura qui espresso, risulta abbastanza singolare dal momento che tratta soprattutto dei concetti che stavano alla base della creazione della figura divina e dell’operato dello scultore, il cui scopo principale doveva essere quello di imprimere all’opera i connotati di signum ben codificato, il più possibile persuasivo, capace di realizzare un preciso intento spirituale.
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Le prescrizioni e le raccomandazioni servivano a stabilire l’ambito semantico e simbolico dell’opera religiosa che doveva, per aver senso, puntare direttamente alla trascendenza. La pietra andava scolpita osservando le regole tradizionali secondo le quali la figura era un mezzo e non il fine.
La figura della divinità aveva origine come immagine (figura mentale) nella visione dell’artista e realizzava il suo scopo nell’immagine della visione che provocava e stimolava nel fedele.
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Il trattato testimonia inoltre l’incontro di due culture, una iconica appartenente alla tradizione indigena, l’altra estranea e aniconica ascrivibile agli inizi dell’Epoca Vedica (c. XVIII sec. a.C.).
Ne conseguirà un compromesso, verificabile anche oggi, per cui la raffigurazione del divino sarà generalmente accettata relegando alla ritualità dei sacrifici vedici l’aspetto più propriamente aniconico. Un glossario dei termini tecnici agevola la lettura.
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Annamaria Dallaporta è laureata in Scienze Geologiche e in Lingue e Letterature orientali (lingua hindi).
Lucio Marcato è laureato in Architettura. Da circa trent’anni si dedicano allo studio dell’India antica con particolare riguardo all’archeologia dell’Età del Ferro dell’antico regno del Panchala, partecipando a ricognizioni e scavi.
Altri testi pubblicati da Luni: Vāstusūtra Upaniṣad – Citrasutra, Il tempio indù
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