Flavio Felice
Recensione originariamente apparsa su:
«Ricerche di Storia Politica», 3, dicembre 2021, pp. 367-368
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I n Quale democrazia per la Repubblica? – Danilo Breschi sviluppa un’attenta analisi storica del pensiero politico, situando al centro dell’indagine la variegata cultura politica italiana repubblicana, così come si è manifestata nell’intervallo di tempo che va dagli anni immediatamente successivi al crollo del fascismo a quelli che precedettero le elezioni che proclamarono la nascita della Repubblica e l’istituzione dell’Assemblea costituente;
si tratta, dunque, di una storia delle culture politiche.
Il libro: → Quale democrazia per la Repubblica? Culture politiche nell’Italia della transizione 1943-1046
Articolato in sette capitoli, il libro di Breschi intende dar voce a quel fertile fermento di idee e di ideali che si confrontarono rispetto all’autorità e al diritto, che scandagliarono la nozione di responsabilità di governo, giungendo a formulare inediti modelli di vita democratica e repubblicana.
Un fermento coltivato e represso durante il ventennio fascista:
una sorta di anatomia della cultura politica, indispensabile per comprendere la genealogia del «materiale ideologico» che giunse a definire il tipo di democrazia attraverso la quale dare sostanza alla forma repubblicana del nascente Stato italiano.
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Due sono le domande che emergono dal volume:
1. in primo luogo, quante e quali furono le idee e gli ideali che affollavano la pubblica arena, incarnate nelle «famiglie politico-culturali» e «politico-partitiche» in quell’intervallo di tempo che segnò il passaggio dal fascismo alla Repubblica? (1943-1946)
2. La seconda domanda riguarda le ragioni della scelta di un preciso anno d’inizio: il 1943.
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Il 1943 segna un’indiscutibile cesura storica, un «radicale punto di svolta» che lo proiettano, anche dal punto di vista simbolico, al vertice della gerarchia delle fonti:
rappresenta l’anno della sconfitta militare, della caduta del fascismo, della dissoluzione dello Stato e della rottura dell’unità nazionale.
La risposta alla prima domanda appare più problematica, motivo di discussione e anche di serrata disputa politologica, oltre che storiografica.
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Partiamo dal dato che stiamo riflettendo su una stagione in cui quanto viene «riesumato» ovvero «(ri)elaborato», in termini di culture politiche, potrebbe essere rintracciato nel dibattito costituente e nel dettato costituzionale.
In definitiva, quell’apparente caleidoscopio di culture politiche potrebbe assumere un’immagine ordinata e comprensibile se consideriamo la Costituzione e il dibattito che l’ha preceduta come le proiezioni stesse di quella figura apparentemente confusa.
Se c’è un tratto ideale e ideologico che accomuna le differenti culture politiche che saranno riversate in sede costituente è, per il nostro Autore, l’antifascismo; un ideale, scrive Breschi, che si nutre del ricordo di un passato ancora recente, oltre che di un presente incombente rappresentato dalla Repubblica sociale di Salò.
Tra le differenti culture politiche protagoniste di quella stagione, specchio di quel caleidoscopio, andrebbe ricordato il cattolicesimo politico. È stato Gianni Baget Bozzo a chiarire i termini problematici della questione, allorché sottolinea come lo schema degasperiano dell’unità dei cattolici, a differenza di quello dossettiano che prevedeva una conversione in termini cristiani delle istituzioni civili, era fondato sulla «reciproca estraneità fra Chiesa e società politica», a tutela della libertà dei fedeli rispetto alla tendenza onnivora dello Stato; un aspetto fondamentale nella teoria politica di matrice sturziana e popolare- liberale.
Vi sarebbe una distanza irriducibile tra i due leader democristiani dovuta ad un deficit di cultura liberale dei democristiani di seconda generazione che non condivisero fino in fondo la cultura politica popolare di Sturzo.
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Crediamo che proprio questa vicenda, la sua irrisolvibile complessità, esprima al meglio l’ipotesi che l’autore sostiene in maniera esplicita.
Quell’intervallo di tempo si è dimostrato tanto fecondo quanto decisivo ai fini della formazione di una cultura politica nazionale, con i suoi principi, con i suoi valori e con le sue indelebili contraddizioni.
Il libro: → Quale democrazia per la Repubblica? Culture politiche nell’Italia della transizione 1943-1046
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